Quanto vale la firma del sindaco, anche se Letizia Moratti ha scritto il suo nome sotto un accordo con scarso fondamento giuridico? È la domanda al centro delle preoccupazioni dei tecnici dell’Expo e il timore che, nonostante tutto, il Comune (o il suo primo cittadino) sia chiamato a risponderne è una delle ragioni che paralizza la trattativa sulle aree. Una lettera di Letizia Moratti in mano ai proprietari delle aree del sito Expo condiziona le trattative e ogni nuova mossa decisiva.
Nel pieno della battaglia per l’aggiudicazione dell’Expo, quando Paolo Glisenti era alla guida del Comitato e Letizia Moratti correva in ogni angolo del globo per battere la turca Smirne e ottenere la candidatura di Milano, quella firma sembrava indispensabile. La disponibilità delle aree scelte per l’Esposizione del 2015 era parte integrante del dossier presentato al Bie. Il sindaco trovò un pre accordo di massima con i proprietari del sito: in cambio della disponibilità delle aree, avrebbero ottenuto dei diritti edificatori per il futuro. È il famoso comodato d’uso per cui è schierata la Moratti, ben diverso dall’acquisto proposto dalla Regione.
Un gentlemen agreement sulle volumetrie per costruire dopo l’Expo, messo nero su bianco, nonostante la disponibilità degli indici edificatori fosse in mano al consiglio comunale e non alla giunta guidata dalla Moratti. Una scrittura che, nonostante non sembri sufficiente a vincolare Palazzo Marino, rimane pur sempre un impegno scritto del primo cittadino stretto con imprenditori privati a cui si concedeva molto nel dopo 2015 in cambio di un’area agricola subito. Tecnicamente si tratta di un protocollo di intesa, un documento che può anche non tradursi in nulla di concreto, ma che comunque rischia a ogni momento di diventare un contenzioso legale aperto.
Il luogo fu scelto in fretta e furia e la ruota della fortuna girò in favore della Belgioiosa srl, società della famiglia Cabassi che detiene circa 260mila metri quadrati dell’area di circa un milione e centro metri quadrati a nord-ovest di Milano, accanto alla Fiera di Rho-Pero, scelta per ospitare l’Expo. I terreni, destinati a uso agricolo, appartengono appunto ai Cabassi e poi a Fondazione Fiera Internazionale di Milano (520mila metri quadrati), Poste Italiane spa (80mila metri quadrati), Comune di Rho (120mila metri quadrati), Comune di Milano (51mila). Aree agricole di valore limitato, che però grazie all’Expo, alle infrastrutture e soprattutto al cambio di destinazione d’uso promesso per iscritto dal sindaco si preparano a diventare l’affare del secolo per i fortunati partner privati dell’Expo, se le cederanno in comodato d’uso.
Il comodato d’uso è nell’immediato a costo zero per le casse pubbliche e anzi nel futuro si tradurrà in un guadagno, ma a fronte di un enorme vantaggio concesso agli operatori privati, che vedranno decuplicare il valore delle aree dopo il 2015.
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