Dilaga in Italia la Buddha-mania: tutti in cerca del senso della vita

«Ma cosa l’è il “ciakra”?», chiede in milanese una signora oversize al marito che azzanna un panino würstel e crauti con il ketchup che gli cola sul mento. «Mi su no, di ’sto Oriente e Cina ne capis na got...» (Traduzione per i non milanesi: «Non lo so, di Oriente e Cina non capisco nulla»).
La scenetta si svolge a Milano (ma potrebbe verificarsi dovunque), di fronte a uno stand dedicato al Tibet nell’ambito dell’Artigiano in Fiera, mostra mercato con oltre 2.600 espositori da tutto il mondo. Moglie e marito interrogano con aria sospettosa un incolpevole tibetano sui reconditi misteri dei ciakra. E mentre il monaco paziente s’inoltra in dotte disquisizioni parlando un mix di italo-tibetano-inglese sul termine che in Occidente viene identificato con il nome di «Centri di forza» o «Sensi spirituali», nello stand vicino una folla di curiosi tenta di accaparrarsi l’oggetto del desiderio in salsa buddhista: chi sfoggiando uno sguardo mistico, chi avvolto in sciarponi in lana cotta giallo-arancione, chi assumendo un’aria di supponenza per far capire che «io so già tutto».
Vuoi mettere la moda inutile e omologata che si vede per strada? Assai meglio una tonaca bordeaux che fa tanto chic, come Richard Gere, che da tempo ha sposato la causa, o la nutrita schiera di suoi colleghi e personaggi noti, da Uma Thurman a Tina Turner fino a Roberto Baggio. Tutti insieme ad applaudire la religione-filosofia che consentirebbe il raggiungimento della serenità attraverso il nirvana, in un equilibrio assoluto tra fisico e mente. Secondo l’Unione buddhisti italiani, i praticanti nel nostro Paese sono 50.000, a cui vanno aggiunti 20.000 fedeli stranieri e circa 30.000 simpatizzanti.
In questi giorni natalizi, sull’onda dell’arrivo dell’uomo chiamato Oceano di Saggezza, in Italia si respira un’aria festosamente buddhista o para-esoterica. Dalle grandi città ai centri più piccoli, ovunque sbucano mercatini, bancarelle e negozi all’insegna del «Buddhismo è bello» in un tripudio di ciotole multicolori, statue, protezioni, incensi, bandiere tibetane, kate (sciarpe di buon auspicio) e pezzi (più o meno unici) provenienti dal Tetto del mondo (ma più realisticamente made in China). Per non parlare dei Cd: brani e canzoni all’insegna dei mantra e del magico Om per riconciliarsi con il vero senso della vita...
Se il Dalai Lama potesse assistere allo spettacolo probabilmente si divertirebbe vedendo la foga per una moda che in questi giorni dilaga lungo tutto lo Stivale: che poi siano soltanto i soliti happy few o qualche signora etno-chic, come qualcuno ha scritto, a conoscere profondamente la vera dottrina del Dharma è un’altra storia. L’importante è partecipare alla gioiosa kermesse, nonostante le esitazioni politiche a ricevere Sua Santità per non compromettere il business con i cinesi.

E pazienza se accanto ai lama autentici si mescolano finti maestri dai sospetti accenti romaneschi o lombardi impegnati a dispensare improbabili ricette fai-da-te su come raggiungere la pace interiore e la felicità. In fondo, anche la paccottiglia mistico-culturale può aiutare a vivere meglio.

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