«Dio non fa differenza tra embrione e bambino»

«Ogni esistenza umana è sacra, anche prima dell’impianto nel grembo materno»

Andrea Tornielli

da Roma

L’amore di Dio «non fa differenza» tra l’embrione, il bambino, il giovane o l’uomo maturo, perché «in ognuno di essi vede l’impronta della propria immagine e somiglianza». Lo ha detto il Papa ieri mattina, nel discorso che ha rivolto ai partecipanti al congresso internazionale della Pontificia accademia della vita dedicato al tema: «L’embrione umano nella fase del preimpianto».
Benedetto XVI ha spiegato che né la Scrittura né la tradizione cristiana «possono contenere trattazioni esplicite del vostro tema», ma ha ricordato la pagina del Vangelo di Luca dove si narra della visita di Maria, appena rimasta incinta, alla cugina Elisabetta, gravida già da sei mesi, il cui bambino (Giovanni il Battista) «le sussultò nel grembo» perché aveva in qualche modo «riconosciuto» la presenza di Gesù. Il Papa ha spiegato che, pur in assenza di «espliciti insegnamenti sui primissimi giorni di vita del nascituro», la Scrittura contiene «preziose indicazioni»: i libri sacri infatti «intendono mostrare l’amore di Dio verso ciascun essere umano ancor prima del suo prender forma nel seno della madre. “Prima di formarti nel grembo materno, ti conoscevo, prima che tu venissi alla luce, ti avevo consacrato”, dice Dio al profeta Geremia».
«L’amore di Dio - ha continuato Benedetto XVI - non fa differenza fra il neoconcepito ancora nel grembo di sua madre, e il bambino, o il giovane, o l’uomo maturo o l’anziano. Non fa differenza perché in tutti ravvisa riflesso il volto del suo figlio unigenito». «Questo amore sconfinato e quasi incomprensibile di Dio per l’uomo - ha detto ancora Papa Ratzinger - rivela fino a che punto la persona umana sia degna di essere amata in se stessa, indipendentemente da qualsiasi altra considerazione, intelligenza, bellezza, salute, giovinezza, integrità e così via».
Benedetto XVI, riecheggiando le parole dell’enciclica «Evangelium vitae» di Papa Wojtyla, ha quindi aggiunto che «in definitiva, la vita umana è sempre un bene, poiché essa è nel mondo manifestazione di Dio, segno della sua dignità, che ha le sue radici nell’intimo legame che lo unisce al suo Creatore: nell’uomo, in ogni uomo, in qualunque stadio o condizione della sua vita, risplende un riflesso della stessa realtà di Dio». Proprio per questo l’insegnamento della Chiesa ha costantemente proclamato «il carattere sacro e inviolabile di ogni vita umana, dal suo concepimento alla sua fine naturale». «Questo giudizio morale - ha detto ancora il Papa - vale già agli inizi della vita di un embrione, prima ancora che si sia impiantato nel seno materno, che lo custodirà e nutrirà per nove mesi fino al momento della nascita».
Il Pontefice si è quindi rivolto direttamente agli studiosi impegnati nel convegno della Pontificia accademia per la vita, presieduta dal vescovo Elio Sgreccia, parlando dei «sentimenti di meraviglia e di profondo rispetto per l’uomo» che caratterizza la loro attività di ricercatori sull’origine della vita umana. Ha spiegato che essa è un «mistero il cui significato la scienza sarà in grado di illuminare sempre di più, anche se difficilmente riuscirà a decifrarlo del tutto», dato che «appena la ragione riesce a superare un limite ritenuto invalicabile, altri limiti fino allora sconosciuti la sfidano». Per questo, l’uomo «rimarrà sempre un enigma profondo e impenetrabile». Benedetto XVI ha concluso ricordando le parole di San Cirillo di Gerusalemme che nel IV secolo ai catecumeni chiedeva chi avesse predisposto le cavità dell’utero alla procreazione, chi avesse animato il feto inanimato, chi lo provvedesse di nervi, ossa, pelle e carne, chi lo facesse crescere: «Stai vedendo, o uomo, l’artefice; stai vedendo il sapiente Creatore». Considerazioni che si rivolgono non tanto al fenomeno fisico o fisiologico, quanto «al suo significato», parole che il Papa considera «ancora valide» all’inizio del terzo millennio.

«Abbiamo enormemente migliorato le nostre conoscenze - ha concluso Ratzinger -, ma per l’intelligenza umana sembra diventato troppo arduo rendersi conto che, guardando il creato, ci si incontra l’impronta del Creatore».

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