Lucia Castellano è una delle assessore della giunta Pisapia. Delega importante: Casa, Demanio, Lavori pubblici. Ha 47 anni, è nata a Napoli. È laureata in legge ed è avvocato. Dal 1991 è direttore di carceri. Ha lavorato presso il Marassi di Genova, a Eboli, a Secondigliano, ad Alghero. Dal 2002 è direttore del carcere di Bollate per detenuti comuni. Fin qui la biografia ufficiale. Lei dice di sé: «La mia è una storia monotematica, mi sono sempre occupata di carceri. Spero di essere stata scelta per la mia capacità organizzativa e non per lappartenenza politica. Non sono mai stata iscritta a Sel né al Pd».
È una bella donna che si porta dietro una buona fama. Il carcere di Bollate, di cui è stata direttrice e che abbandona proprio in questi giorni, è una prigione modello, di quelle (poche) in cui «valore rieducativo della pena» non sono parole, ma fatti e persone che hanno trovato strade nuove. È accaduto anche nelle altre carceri che ha diretto.
Gode di un apprezzamento trasversale, ma lei è drasticamente di sinistra, storia comunista di cui non si vergogna neanche un po. Anzi, appartiene a quella categoria di persone che dopo la caduta del Muro e la scivolata della Bolognina non ha più trovato casa. «Ho sempre votato Pci oppure Democrazia proletaria. Adesso non mi riconosco in nessun partito e non mi iscriverei a nessun partito. Se dovessi votare alle politiche, sarei indecisa. Chiaramente limpostazione ideologica è quella...».
Non si discosta dalliconografia più classica della radical chic, però il modo di dire è trito e potrebbe essere sostituito con un più attuale orange chic. Non passa lestate allUltima spiaggia a Capalbio perché preferisce la storica, glocal Sorrento, dove è anche di casa, essendo una napoletana doc. Ama le crociere in barca a vela. Le piace anche sciare: ha imparato a Roccaraso, «come tutti i terroni», poi ha tradito le montagne abruzzesi per le Dolomiti. Lo scorso inverno ha fatto un giro dei rifugi sugli sci.
La sua passione è il cinema e adora i film sfornati a Cannes, la palma doro The tree of life e naturalmente Habemus Papam, perché non si è ancora vista una persona con un identikit del genere, e per giunta donna, che non abbia un debole per Nanni Moretti.
Ma Lucia Castellano è una tipa tosta. Dopo peregrinazioni varie tra le carceri italiane, è arrivata a Milano e qui vive dal 2002. Per dare unidea del genere, per sei anni ha abitato in un alloggio della casa di reclusione di Bollate, cioè ha vissuto in carcere. Poi è evasa per trasferirsi in un appartamento del Ticinese, che è il suo quartiere preferito. Dettaglio non trascurabile vista la vicinanza alla Darsena e la delega che si ritrova.
È divorziata e convivente, senza figli e con tre nipoti che adora. Ama dire: «Questo è il mio ventesimo, e spero ultimo, anno di galera». Frase da cui traspare una certa umana fatica a vedere il mondo sempre con il filtro delle sbarre. Certo, fa effetto pensare che una direttrice di carcere si trovi improvvisamente a decidere su Casa, demanio e lavori pubblici.
Forse è vero che «Bollate è come una città, ci sono 1100 detenuti», ma viene voglia di dire: che centra il carcere con la casa? Lei il nesso lo vede bene, passa attraverso i principi e arriva a una certa avversione per le proprietà private inutilizzate e per gli sfratti: «Giuliano Pisapia mi ha spiegato bene il senso di questa scelta e io lho condivisa. Occuparsi della casa è interessante dal punto di vista della tutela dei diritti universali. Ho già convocato il presidente Aler, voglio parlare con il sindacato degli inquilini. Vogliamo incrociare nella maniera più razionale gli alloggi sfitti e le persone buttate fuori».
Se le chiedi come è arrivata ad essere assessore di Milano, lei spiega senza impaccio di essere «in quota Pisapia, vicina alla Lista Milano civica». Qualche convegno organizzato da Sel sulla giustizia li vede entrambi ospiti, lui avvocato e lei avvocato ed esperta sul campo. Adesso è ancora incredula: «Felice? È un parolone. Impegnata, combattiva, lusingata e orgogliosa».
In realtà alle primarie la Castellano ha sostenuto Valerio Onida, lex presidente della Consulta che fa volontariato nel carcere di Bollate: «Mi è sembrato bellissimo che una persona così potente trascorresse tanto tempo con gli ultimi». Onida ha perso, lei è stata ripescata per Palazzo Marino.
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