Disegni non ci sarà più «Mi piaceva sfottere i film»

Roma Dite quel che vi pare, ma la Mostra non sarà più la stessa senza la vignetta quotidiana di Stefano Disegni. I festivalieri la consumavano di gusto ogni mattina ritirando il daily «Ciak in Mostra» diretto da Piera Detassis. Nel frattempo Detassis è diventata direttore del rivale Festival di Roma, così, per ragionevoli motivi di opportunità, il daily è passato di mano. Dal 2 settembre saranno Variety (per la sezione inglese) e Venezia News (per quella italiana) a realizzare il quotidiano, replicando in parte la formula: rubriche, interviste, curiosità, recensioni. Ma senza Disegni, appunto. Peccato, perché la sua striscia satirica era un toccasana, sia quando sfotteva un film, sia quando prendeva di mira un personaggio. O tutti e due insieme. In molti ricordano la «stroncatura» di L'albero della vita di Darren Aronofsky, un pasticcio fanta-newage che Disegni, nella vignetta conclusiva raffigurante il direttore nerovestito all'interno di una sfera trasparente, commentava così: «Il capolavoro finiva qui. Ci aggiungiamo Marco Müller, che quando è stata scelta questa boiata per Venezia 63 evidentemente viaggiava nell'iperspazio dentro una bolla di sapone».
«Eh sì, mi mancherà Venezia», ammette il disegnatore. «Mi mancherà soprattutto la verità del pubblico, che non era quella paludata del critico in sala, ma uno scambio quotidiano senza mediazioni». E poi? «Gli splendidi completini funerei di Müller, ogni mattina un elemento di allegria». Disegni racconta il metodo di lavoro: «Andavo a vedere più film che potevo, poi mi facevo un'idea ascoltando varie voci. Naturalmente è più divertente prendere di mira gli italiani. Perché se ne accorgono, se la prendono, si arrabbiano». Addirittura? «Ufficialmente no, ma sotterraneamente molto. Poi, magari, ti vengono a chiedere la striscia originale. Oppure si lamentano se li snobbi. Mi dicevano: “perché non mi fai?” E io: “gira qualche bella cazzata e ci sarai”». Tra le cose più riuscite, Disegni ricorda l'ironica campagna «Ferzan è mio amico» con tanto di bollino a protezione di Ozpetek. «L'immaginavo minacciato da ronde pronte a picchiarlo dopo aver visto Un giorno perfetto. Lui non si arrabbiò, anzi. Citto Maselli, invece, non la prese bene quando disegnai una vignetta che lo ritraeva come un cimelio dell'epoca gloriosa del comunismo sovietico in vendita su una bancarella, al pari di una divisa dell'Armata Rossa e di un colbacco». Il più spiritoso? «Rondi.

Mi attaccò e io lo sfidai a braccio di ferro. A giugno è stato proprio lui a consegnarmi il Ciak d'Oro». Mai problemi con la Biennale? «Spirava un'arietta strana, del tipo: voi ci remate contro. Ma era una sciocchezza». Già.

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