Per Gordon Brown è il giorno della disfatta finale. Come da copione alle elezioni europee i laburisti hanno registrato una pesante batosta. I primi risultati parziali (i definitivi si avranno solo questo pomeriggio anche a causa della particolare lentezza dello spoglio) mostravano già una perdita secca del 9%. Con una novità assoluta: lestrema destra, il British National Party di Nick Griffin, ha conquistato il suo primo seggio allEuroparlamento e potrebbe aver superato i laburisti in Scozia. E il peggio potrebbe arrivare oggi. In calendario cè la riunione del gruppo parlamentare laburista: lipotesi è che ne esca una mozione di sfiducia senza appello contro il premier.
Quello delle europee era un risultato tanto scontato quanto doloroso che è andato ad aggiungersi alla tragica débâcle delle amministrative di venerdì. Quattro circoscrizioni e 291 consiglieri persi contro le sette circoscrizioni e i 244 consiglieri guadagnati dai Conservatori. «Non me ne vado», ha ripetuto testardo il primo ministro, subito dopo i risultati del voto locale e le dimissioni di 7 ministri che l'avevano costretto ad un rimpasto d'emergenza. Ma ormai il premier non è in grado di decidere da sé la sua anticipata uscita di scena. Sono troppi all'interno del suo partito a chiedere la sua testa ed elezioni anticipate anche se non è affatto garantito che un cambio della guardia nella leadership riuscirebbe a frenare la caduta dei laburisti. Il partito sembra di fatto affondare in una crisi irreversibile e ora come ora tutti i sondaggi prevedono una vittoria facile per l'opposizione di David Cameron. Ieri anche l'ex Cancelliere Lord Falconer ha dichiarato alla Bbc di non essere sicuro dell'unità del partito nel caso in cui Brown rimanesse alla guida.
Tenta di buttarla sul ridere con una battuta che non è da lui il vecchio Gordon, scimmiottando l'ironia che era stata l'arma vincente di Tony Blair. «Anche se mia moglie Sarah non è qui oggi, lei non si è dimessa», scherza a una riunione di attivisti laburisti per poi aggiungere di non aver realizzato che Lord Mandelson fosse un esperto di e-mail e messaggini telefonici, pungente riferimento alla mail in cui il ministro per il Commercio avrebbe definito Gordon come uno «che non si sente a proprio agio nei suoi panni».
Ma l'affondo finale arriva proprio da chi finora se ne era rimasto in silenzio, sebbene ne avesse di conti da pareggiare con l'ex amico. Così Tony Blair, costretto proprio da Brown alle dimissioni anzitempo ieri ha deciso di dire la sua sul premier e sulla sua azione di governo.
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