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Dopo il dolore la rabbia, incendiato il campo rom

Folla ai funerali Il vescovo: «Troviamo la forza di perdonare Non c’è alternativa alla convivenza»

Dopo il dolore la rabbia, incendiato il campo rom

da Appignano del Tronto (Ascoli Piceno)

La rabbia, alla fine, ha il sopravvento sul dolore. Nel giorno dell’addio ai quattro ragazzi uccisi ad Appignano da un giovane rom ubriaco alla guida, ecco esplodere tutta la collera trattenuta in chiesa. Un’ira funesta che si riversa contro quel campo nomadi abbandonato dall’assassino e dai suoi connazionali la sera stessa dell’incidente mortale. E quando nessuno, autorità militari comprese, si aspetta più che qualcosa di sconsiderato possa accadere, dal campo nomadi di Valle Orta, che si trova proprio alle porte del paese, si leva una coltre di fumo. Poi, le fiamme. Sono all’incirca le 20 quando scatta l’allarme ai Vigili del fuoco di Ascoli e ai carabinieri.
Ad Appignano, però, quelle fiamme non fanno paura a nessuno. L’immagine dei ragazzi morti e il dolore per la loro scomparsa sono ancora troppo vivi per far prevalere il buonsenso. Ai pompieri al lavoro la gente intorno grida: «Non sprecate acqua, c’è l’emergenza idrica». Alle prime luci del tramonto qualcuno è andato a Valle Orta, ha appiccato l’incendio ed è scappato. Le fiamme si sono subito estese perchè lì, oltre a un vecchio casolare distrutto dai rom, ci sono solo immondizia, roulotte e baracche in legno. Alla fine, insomma, la rabbia ha avuto la meglio. E pensare che qualche ora prima, il paese si era stretto attorno a quelle quattro bare, ricoperte di fiori bianchi, di fronte all’altare, per l’ultimo saluto. A celebrare la messa per «i quattro angeli» c’è il vescovo di Ascoli, monsignor Silvano Montevecchi. «Anche in questi momenti bisogna avere la capacità del perdono - commenta durante l’omelia -. Tuttavia, la buona convivenza esige il rispetto della legge, l’accettazione leale delle leggi del territorio dove si va a vivere, perché ogni negligenza può essere supporto di qualche sofferenza». Un riferimento non casuale visto che al dolore provato dalla piccola comunità appignanese, si è aggiunta, da subito, la rabbia contro la comunità di nomadi, fuggita la notte stessa dell’incidente, che qui viveva da almeno una decina d’anni. «Signore, anche se oggi è difficile rivolgerci a te, ti preghiamo per i nostri cari amici, nella certezza che li hai accolti tra le tue braccia di padre», dice, singhiozzando, una ragazza davanti alle bare, circondate da amici con colombe bianche in mano. Un pensiero anche per Leonardo, fratello di Eleonora, scampato alla strage. «Preghiamo per lui perché guarisca e torni presto con noi».
All’esterno della chiesa c’è anche il sindaco di Rifondazione, Maria Nazzarena Agostini, nel mirino di chi le rimprovera di aver fatto poco per allontanare i rom dal paese: «Avevo trovato la soluzione, ma non ho fatto in tempo». Nel frattempo, sabato, ad Appignano del Tronto, si svolgerà una manifestazione, annunciata da Forza nuova, «contro l’immigrazione e soprattutto contro le istituzioni e tutte quelle forze politiche che, in nome dell’integrazione e di un falso buonismo, hanno da sempre discriminato gli italiani, non ascoltando le loro legittime istanze», come spiega il coordinatore regionale di Fn Marco Gladi. Nel pomeriggio di sabato, invece, alle 17, un corteo partirà dalla scuola media Carosi, per poi, «rigorosamente silenzioso in rispetto delle giovani vittime», sfilare lungo le vie del centro cittadino e arrivare in piazza Umberto I.

Dall’altra parte, invece, il presidente della Provincia di Ascoli Piceno, Massimo Rossi, di Rifondazione, che insiste: «Il problema dei rom deve essere risolto includendoli nella società, e non escludendoli, come qualcuno vorrebbe fare».

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