Di emiliano, alla Festa tricolore, sono rimasti soltanto i tortellini e i cappelletti tirati a mano dalle massaie di Mirabello. Sugli orari pesa invece la meridionalità dei nuovi colonnelli finiani Bocchino, Granata e Briguglio: fino alle cinque del pomeriggio ci si riposa. Tutto tace, non si muove foglia tra i tendoni bianchi di Mirabello. Ferme le cucine, chiusi i pochi stand espositivi. Perfino le copie del Secolo d’Italia sono rimaste quelle del giorno prima, con un’intervista in cui Enzo Raisi parla di «un’Italia tranquilla che si aggira tra gli stand», un altro articolo annuncia che «in migliaia si organizzano da tutta Italia» e un retroscena mette in guardia dalla «fissazione del Cavaliere di oscurare l’alleato-rivale» come sarebbe successo all’assemblea congressuale di An a Verona nel 1998.
Fino alle cinque, l’Italia di Futuro e libertà è il bar poco lontano dal piazzale della festa. Lì si trovano ombra, acqua, caffè e gelati, i camerieri cinesi trottolano senza sosta, la cassiera gioisce. Gruppi di Varese, Palermo, Ancona bivaccano tra gli avventori di casa e i ragazzi che giocano a carte. Al bar Italia i battibecchi non riguardano Fini quanto Cassano. Finché a una cert’ora, sull’onda di un tam tam silenzioso, si avvia la transumanza. Il primo stand ad aprire porta l’insegna «Sicuri e protetti»: propaganda non il programma elettorale del Fini vecchia maniera, ma un’azienda di antifurti. Aprono la bancarella con le magliette di Generazione Italia mentre i libri giacciono nascosti sotto un tendaggio verde incerottato. Appaiono i primi leader in un ordine che è una sorta di specchio della gerarchia finiana. Flavia Perina, direttore del Secolo, si fa fotografare per prima tra pacchi di copie del suo giornale dove campeggia un titolo alla Ornella Vanoni: «Domani è un altro giorno». Perina si guarda intorno compiaciuta: «Carino qui, mi piace, c’è un bel movimento. È la prima volta che vengo». Non aveva messo piede a Mirabello quando festeggiavano An o il Pdl, invece eccola con Fli.
Le telecamere si dirigono su Benedetto Della Vedova. Quindi è Carmelo Briguglio a rianimare la pattuglia di giornalisti. Vai con il sottosegretario Roberto Menia e il trafelato Fabio Granata. Il senatore Mario Baldassarri, aspirante ministro in sgargiante maglietta gialla, si fa accompagnare dal papà e precedere dai galoppini che distribuiscono il discorso dedicato a «una condivisa agenda di governo». Il padovano Maurizio Saia apre il bagagliaio stipato di vuvuzelas che oggi serviranno per coprire eventuali contestatori antifiniani. Poi il crescendo finale, quando in un turbinio di scorte e microfoni si mostrano Italo Bocchino e Adolfo Urso.
Chi manca all’appello sono le donne. L’onorevole Souad Sbai è volata a San Pietroburgo, nel pellegrinaggio parlamentare guidato da monsignor Rino Fisichella. Catia Polidori è pellegrinante con lei (assieme a Maurizio Lupi e decine di altri membri delle Camere): ai riti di partito del «compagno Fini» hanno preferito le liturgie orientali nelle terre dell’ortodossia religiosa. Chiara Moroni arriva in ritardo al dibattito delle 18,30 sul «superamento delle ideologie». Ma soprattutto ha snobbato la Festa tricolore Barbara Contini, la senatrice che nelle scorse settimane aveva tuonato contro le «papi-girls» e l’assenza di «donne in gamba» nel Pdl, monopolizzato da signore «capaci di far carriera armate di tacchi a spillo e minigonna». La pasionaria Contini è andata a esprimere tutto il suo malcontento femminista a Singapore. Sotto il tendone principale si contano duecento sedie, un altro centinaio di persone ascolta in piedi i luogotenenti di Fini.
Oggi saranno molti di più, diecimila annunciano gli organizzatori, che mai entreranno tutti nell’area della festa.
SteFil
- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
- sabato, domenica e festivi dalle ore 10:00 alle ore 18:00.