Le donne più insidiose? Quelle del genere «Io, màmmeta e tu»

Caro Granzotto, allora ci siamo, cioè siamo al redde rationem. Non dovrei dirlo, ma ne godo dello sbugiardamento di Gianfranco Fini: dicono sia tanto intelligente, ma poteva trovare anche un mezzo migliore per scapolarla che non quelle ridicole ammissioni di ignoranza dei fatti. Che lezione politica si può trarre, ora, dal «caso Fini»?
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Lezione politica non so, caro Gianni. Però dal caso Fini si può trarre una lezione di vita, questa: le donne appartenenti alla categoria che noi cultori della materia classifichiamo delle «Io, màmmeta e tu» (con l’aggiunta dopo «màmmeta» e ove ci fossero di mezzo padri, sorelle e fratelli, di «pàtete», «sòreta e fràtete»), portano guai. Chi ha uso di mondo, chi ha la testa sulle spalle, chi, essendo equilibrato, amministra con temperanza il passaggio da una vita piccola e modesta a quella sfavillante del successo, del potere e della popolarità, queste cose le sa bene. E dunque evita come la peste quel genere di femmine: fatali, sì, ma nel senso di funeste, dannosissime. La donna «Io, màmmeta e tu» (che con felice ispirazione Luciano Gaucci ha voluto così tratteggiare: se vuoi quel prodotto, devi prendere l’intera confezione, intendendo per confezione le «màmmete», i «pàtete», le «sòrete» e i «fràtete») si potrebbe definire, attingendo al gergo rugbistico, un vero e proprio pacchetto di mischia. Contro il quale il povero marito o convivente o amante non ci si mette nemmeno, ben sapendo che verrebbe steso al primo tentativo. La donna di quel genere ti chiamerà anche Ciccino, ti scodellerà marmocchi, titillerà il tuo ego con parole di miele. Ma prima del Ciccino vengono, in assoluto, «màmmeta», «pàtete» e «fràtete». Se «màmmeta» ha un cerchio alla testa o peggio che mai le paturnie il Ciccino ha solo il diritto di respirare. Piano. Comanderà le assemblee, ma in casa conta zero. Se, per ipotesi, pura ipotesi, «fràtete» cerca casa, è Ciccino che la deve far saltar fuori. E se al cognato de facto gli viene l’uzzolo della televisione, Ciccino deve darsi una mossa. Non c’è spazio per il dialogo, per il confronto o per la mediazione: il pacchetto di mischia va compiaciuto. E scattare.
Ne sa qualcosa Nicholas Sarkozy. Anche lui s’è voluta una donna «Io, màmmeta e tu», però che donna, che allure, che glamour, signori miei. Qualcuno sostiene che per Carlà e le sue belle grazie si potrebbe anche chiudere un occhio, però a pensar così si sbaglia. Si sbaglia perché, come si diceva dianzi, anche se di coscia lunga e baricentro alto, le «Io, màmmeta e tu», portano comunque guai. Quando è cominciato il calo di popolarità di Sarkozy, già appannatasi causa puntatina in Egitto con l’ingombrante belle-mère al seguito? Quando la belle-mère, «màmmeta», gli impose di partecipare, lui, monsieur le President de la Republique française, a una riunione di condominio. Condominio di un complesso residenziale pied-dans-l’eau a Saint Jean Cap Ferrat (altro gusto, altro stile: mica un alloggio a Montecarlo, roba da croupiers), certo, ma pur sempre un’assemblea condominiale, faccenda assolutamente fuori luogo per l’inquilino dell’Eliseo. Ma è così: al pacchetto di mischia non si resiste: si soccombe.

Se poi, tornando a bomba, il Ciccino di turno sceglie una «Io, màmmeta e tu» perché vede in lei la donna in grado, per gusto e signorilità innata, di ripulirlo (tecnicamente: di rifargli l’«immagine») facendogli indossare i gessatini a doppio petto, le camicie con i gemelli ai polsini, le cravatte rosa e i giubbotti un po’ canaille, be’, allora può star fresco. A una «Io, màmmeta e tu» con ambizioni di tal genere non ci si consegna mani e piedi: le si offre il collo. E prima o poi, come s’è visto, zac!

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