Drammatica lettera della Betancourt: "Qui viviamo come dei morti"

L'ex candidata presidenziale colombiana, la francese Ingrid Betancourt, scrive alla madre una lettera inviata alla madre dalla selva amazzonica, dove la donna è ostaggio da più di cinque anni delle Farc. Al presidente francese Sarkozy "che è sul meridiano della storia", a Bush e a Chavez, affida le sue ultime speranze di liberazione

Drammatica lettera della Betancourt: "Qui viviamo come dei morti"

Bogotà - "Qui tutti viviamo come morti: vivo o sopravvivo su un'amaca tesa fra due pali". Questa la disperata testimonianza dell'ex candidata presidenziale colombiana, la francese Ingrid Betancourt, in una lettera inviata alla madre dalla selva amazzonica, dove la donna è ostaggio da più di cinque anni delle Farc (Forze Armate Rivoluzionarie della Colombia).

La lettera della Betancourt e un video sono stati sequestrati due giorni fa dalla polizia colombiana a tre messaggeri delle Farc, che erano stati probabilmente incaricati di portare questa prova di vita degli ostaggi al presidente venezuelano Hugo Chavez. Oggi Chavez se l'é presa col presidente colombiano Alvaro Uribe, che il 21 novembre scorso ha interrotto "brutalmente" il suo ruolo di mediatore alla ricerca di un accordo umanitario. "Uribe si deve essere ben reso conto di aver messo in pericolo la loro incolumità - ha detto a Caracas il presidente del Venezuela, dopo aver congelato i rapporti con Bogotà - E' evidente che la Colombia non ha sentimento umanitario, né volontà di pace. E' terribile quando l'inumanità diventa governo".

L'alto commissario per la pace in Colombia, Luis Carlos Restrepo, ha presentato le immagini "dolorose e di impatto" del video della Betancourt e di altri tre sequestrati americani, spiegando che "per ragioni strettamente umanitarie" il materiale è stato messo a disposizione dalle autorità colombiane alle famiglie degli ostaggi. Nel video, senza suono, la Betancourt appare dimagrita, seduta e abbattuta, guardando per terra con le mani sulle gambe. Il video è datato 24 ottobre 2007. "Sto male fisicamente - si legge nella lettera di 12 pagine scritta dalla Betancourt alla madre, Yolanda Pulecio - Non ho più mangiato. L'appetito mi si è bloccato. I capelli mi cadono in grande quantità. Non ho voglia di niente, perché qui in questa foresta l'unica risposta a tutto quello che chiediamo è no".

La Betancourt, rapita nel febbraio del 2002, prosegue con un tono di depressione la sua prima lettera ai familiari, dopo un video mostrato dalle Farc nel 2003: "La vita qui non è vita ma una lugubre perdita di tempo. Vivo o sopravvivo su un'amaca tesa fra due pali, coperta da una zanzariera e con un telo sopra che fa da tetto: con tutto questo posso pensare che ho una casa. Tutti questi anni sono stati terribili". In tutta la lettera la Betancourt non cita neppure una volta Uribe. Mostra invece "tutto il mio affetto e ammirazione" per Chavez e per la senatrice colombiana Piedad Cordoba, incaricata dei negoziati umanitari con le Farc dal governo colombiano. Ringrazia anche la Francia "che amo con tutto il mio cuore perché ammiro la capacità di mobilitazione di un popolo che, come diceva Camus, sa che vivere è impegnarsi".

Al presidente francese Sarkozy "che è sul meridiano della storia", al presidente americano Bush e a Chavez, affida le sue ultime speranze di liberazione: "Chissà che con loro e con la solidarietà di tutto un continente potremo assistere a un miracolo". Il Brasile del presidente Lula si è offerto da mediatore per risolvere l'impasse tra Venezuela e Colombia.

I tre presidenti si incontreranno probabilmente il 10 dicembre a Buenos Aires alla cerimonia di insediamento di Cristina Kirchner alla presidenza della repubblica argentina. Può darsi che oggi stesso la senatrice Cordoba vada a Caracas da Chavez.

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