RomaI primi furono quelli delle Iene che nel 2006 si misero davanti a Montecitorio a raccogliere campioni di sudore di deputati ignari. Li fecero analizzare e scoprirono che un eletto su quattro si faceva le canne. Poi arrivò Carlo Giovanardi che, con una veste più di partito che istituzionale, promosse un vero test antidroga. L’attuale esponente del governo era un parlamentare dell’Udc e si fece promotore, insieme a Pier Ferdinando Casini, di un test volontario tra i deputati. Aderirono in 122. Era uno screening su saliva e urine effettuato da un centro diagnostico di Roma. I deputati risultarono negativi ad anfetamina, cocaina, marijuana, metanfetamina, oppiacei e fenciclidina.
Ora è sempre Giovanardi ad andare all’attacco, questa volta in veste di sottosegretario alla Presidenza del Consiglio, con una delega proprio sui problemi della droga. Anche questo sarà un test volontario riservato alla classe politica. Da lunedì 9 a venerdì 17 novembre, deputati e senatori potranno decidere se sottoporsi a un drug test immediato sulle urine. Gli uffici del dipartimento per le politiche antidroga della Presidenza del Consiglio, che si trova in via della Vite a Roma, saranno a disposizione dei parlamentari che intendono sottoporsi al test. Il Dipartimento potrà anche fornire l’indicazione delle strutture specialistiche accreditate presso le quali è possibile effettuare un ulteriore test di riscontro sul capello.
Iniziativa, quella dell’esponente del Pdl, che forse è indipendente dai fatti di cronaca, ma che è cascata proprio all’indomani delle prime ammissioni di Piero Marrazzo sull’uso di cocaina e delle relative reazioni. Proprio ieri il Codacons ha lanciato in 100 città italiane una raccolta firme per presentare una legge che preveda che parlamentari nazionali, componenti del governo e amministratori di Regioni,
Province e Comuni siano sottoposti a test antidroga. E, già che ci sono, di cultura generale. Analoga richiesta dalle opposizioni di centrodestra al Consiglio regionale del Lazio che hanno proposto l’analisi del capello per i politici locali e hanno incassato qualche sì anche nella giunta che un tempo era guidata da Marrazzo.
Una crociata molto trasversale quella contro l’uso delle sostanze stupefacenti da parte di politici. Tanto che a invocarla ieri erano due politici che, in altre occasioni, se le danno di santa ragione: Ignazio La Russa e Antonio Di Pietro. Il ministro della Difesa ha annunciato di avere chiesto «ai capigruppo del Pdl l’adesione a una mia iniziativa, che sarebbe volontaria e non obbligatoria, che prevede che i parlamentari si facciano analizzare un capello per testimoniare che chi è eletto dal popolo non ha assunto droghe negli ultimi sei mesi».
L’ex pubblico ministero, leader di Italia dei valori, è sulla stessa linea: «Un politico drogato non fa bene il suo mestiere, oltre ad essere ricattato. Ad ogni persona che amministra la cosa pubblica farei il test anti-droga per sapere se è drogato o meno, anche in Parlamento, perché anche lì gira la droga», ha spiegato parlando a RaiDue.
L’iniziativa di Giovanardi dovrebbe accontentare tutti, anche se servirà più che altro a dare la patente di affidabilità a tutti quei parlamentari che non fanno uso di droghe. Si tratta infatti di un test volontario ed è difficile che eletti dediti alle sostanze decidano di aderire. D’altro canto è impensabile che un test di questo genere per la classe politica possa essere obbligatorio (anche se per altre categorie è previsto). Farlo all’insaputa dei diretti interessati, poi, può essere pericoloso. Lo sanno bene quelli delle Iene. La messa in onda del servizio fu bloccata dal Garante per la Privacy, il programma di Italia Uno fu anche condannato dalla Corte di Cassazione.
Per la cronaca i risultati del test delle Iene (prelevarono il sudore dalla fronte dei deputati con un tampone) furono i seguenti: il 32 per cento degli intervistati risultò positivo. Di questo il 24 per cento (12 persone) alla cannabis e l’8 per cento (4 persone) alla cocaina.
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