Treviso - I rapimenti sono all’ordine del giorno in Venezuela ma il caso di Walter Ianotto, 80 anni, e di suo genero Roberto Armellin, 48, prelevati con la forza dalla loro villa di Caracas nella notte tra mercoledì e giovedì, assume i connotati del giallo internazionale.
Da un lato c’è la polizia di Caracas che, per bocca del responsabile delle indagini scientifiche, Wilmer Flores, arriva a ipotizzare un coinvolgimento di non meglio precisati «familiari e amici», che avrebbero in qualche modo avvisato i rapitori-complici dell’arrivo dei due imprenditori a Caracas. Dall’altro la consistenza di questa «pista» viene messa in discussione, come rivela Il Gazzettino, da inquietanti motivazioni di tipo politico.
A Conegliano, intanto, i familiari si stringono nel più stretto riserbo, nell’attesa di novità da parte della Farnesina che sta seguendo la vicenda da vicino e che ha invocato il silenzio stampa.
È stato confermato che la prima telefonata, probabilmente con la prova che i due imprenditori stanno bene, è partita dalla Colombia. Cosa non usuale e che alimenterebbe, appunto, questa strana pista politica. Motivo? Semplice, un avvertimento alla comunità italiana residente in Venezuela che si oppone al presidente Hugo Chavez.
Sì, ma cosa c’entra Ianotto con Chavez? In fondo, lui ha mantenuto diversi interessi economici in Venezuela ma da anni ha trasferito residenza e quartier generale del gruppo a Conegliano. Ed è proprio da Conegliano che, con il genero Armellin, segue le attività delle varie aziende. Salvo poi recarsi, una settimana all’anno, direttamente in Venezuela, che resta la sua seconda patria.
Essere rapiti in quella villa di un quartiere tranquillo della capitale, proprio nei giorni della loro presenza, ha indotto gli inquirenti venezuelani a ipotizzare soffiate dall’Italia. Ma anche la vicinanza di Ianotto con Eddo Polesel, potente ex presidente di Fedecamaras, che riunisce le camere di commercio e le categorie produttive in Venezuela, potrebbe essere la chiave per risolvere questo anomalo rapimento.
Polesel e i suoi figli, Marco e Tiziana, si oppongono alla politica populista, all’insegna del socialismo bolivariano, portata avanti dal leader venezuelano e prende corpo il sospetto che il rapimento degli imprenditori trevigiani possa essere un avvertimento ai circoli ostili a Chavez. Fantacriminalità? Il fatto che la telefonata dei rapitori sia arrivata dalla Colombia, terra della Farc, il gruppo terroristico delle Forze armate rivoluzionarie della Colombia da sempre vicino alle posizioni del caudillo di Caracas, sembra avallare questa tesi.
Alla famiglia Ianotto di questi retroscena interessa poco. Non vogliono riflettori su una vicenda che sperano, sulla scorta dei precedenti casi di rapimento, si risolva rapidamente e nel migliore dei modi. La Farnesina procede a fari spenti e spera che nelle prossime ore arrivino novità incoraggianti.
I numeri diffusi dall’ambasciata italiana a Caracas la dicono lunga sul fenomeno rapimenti in Venezuela. In questi primi dieci mesi sono stati rapiti 17, tra italiani e italovenezuelani, mentre il bilancio del 2008 era stato ancora più grave, con 40 casi di sequestri di persona. L’unico aspetto positivo, se così si può dire, è che nella stragrande maggioranza dei casi il rapimento si è risolto con il rilascio degli ostaggi.
L’ambasciata italiana a Caracas ha attivato subito quella che può essere definita la procedura standard, attivando l’esperto anti-sequestro. Alcuni familiari degli imprenditori rapiti sono attesi a Caracas. Tutti i protagonisti di questa complessa trattativa, come detto, hanno mantenuto, e manterranno nei prossimi cruciali giorni, il massimo riserbo sui contatti.
Non si sa se sia stato chiesto un riscatto ma è lecito supporre che i sequestratori, dopo quella telefonata dalla Colombia, abbiano messo tutte le carte in tavola e stabilito i termini del rilascio. I precedenti inducono all’ottimismo, anche se questa possibile trama politica avvolge di mistero l’ultimo rapimento.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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