Il «duoeroon» non è un sarchiapone È Barack Obama

Caro Granzotto, in merito alla questione di usare il vocabolo «negro» per indicare la razza sono perfettamente d’accordo con lei. Solo che Obama, essendo figlio di un negro e di una bianca, è mulatto. Distinti saluti
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Peggio che andar di notte, caro Musumeci. Vuoi per l’etimologia, voi per l’originale intendimento discriminatorio e dispregiativo (assente nel termine «negro»), «mulatto» grida vendetta al cospetto del politicamente corretto. Salvo che in espressioni quale «bella mulatta» (che poi fa il paio con «bella negretta»), esso non è consentito a meno di non voler finire sotto processo alla Corte dell’Aia per i Diritti umani. Mulatto (così, mulatto, anche in inglese. Ma ovviamente è parola tabù, sostituita da biracial, che secondo me è pure peggio) viene dritto dritto da mulo, l’ibrido risultato dell’accoppiamento tra l’asino e la cavalla. Sì, c’è chi vuole addolcire le origini del termine andando a pescare un improbabile mullad arabo e cioè, in teoria, figlio di padre arabo e madre d’altra razza e religione, ma son bubbole. Mulatto viene da mulo e già questo, lei capisce, caro Musumeci, va mica bene. Che poi sia entrato nel vocabolario per marcare negativamente e catalogare una diversità lo dimostrano i corollari o sottospecie: quarteron e octavon (in inglese quadroon e octavoon: «The quadroon girl is sold at the stand...», così Walt Whitman in Foglie d’erba), rispettivamente il figlio nato da una coppia mulatta-bianca (e dunque con un quarto di sangue negro) e quello nato da una coppia quarteron-bianca (pertanto con un ottavo di sangue negro). Negli Stati Uniti della Capanna dello Zio Tom (romanzo dove per altro si indicano Liza e suo figlio Henry quali quadroon) si arrivò perfino a codificare l’hexadecaroon, l’individuo con un sedicesimo di sangue negro, anche se a quel punto nessuna caratteristica lo distingueva più da un bianco.
Andò poi a finire che con quei nomi pseudoscientifici le sottospecie giunsero a sembrare meno offensive o denigratorie di «mulatto». Abbiamo già visto che quella fu la scelta lessicale di Whitman e della Beecher Stove, ma se è per questo anche di García Márquez (in L’amore ai tempi del colera la madre di Florentino Ariza era una quarteron) e perfino del disincantato Ian Fleming, inventore di James Bond. Il quale, per non ricorrere a «mulatta», parola in odore di zolfo razzista, descrive Tiffy, la tenutaria del bordello in L’uomo dalla pistola d’oro alla quale il tremendissimo Scaramanga ucciderà, ovviamente con la pistola d’oro, i suoi beneamati uccellini, «una attraente octoroon».

L’ho tirata un po’ troppo per le lunghe, caro Musumeci, ma quando si tratta di penetrare gli abissi della stupidità politicamente corretta non conosco le mezze misure: mi diverto troppo. Resta comunque il fatto che Obama sarà sì mulatto, ma dirlo tale non sta per niente bene. Negro sì. Mulatto no. Proprio alle strette, meglio duoeroon.

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