«E adesso l’Italia ci aiuti a liberare Ajmal»

Drammatico appello del fratello di Ajmal Nakshbandi, il giornalista-interprete rimasto ostaggio dei talebani sequestratori di Mastrogiacomo. Il giovane denuncia il doppiopesismo utilizzato nella vicenda. Critiche a Emergency. La madre del rapito ha avuto ieri un infarto

«E adesso l’Italia ci aiuti a liberare Ajmal»

da Kabul

Ajmal Naskhbandi, 25 anni, l’interprete afghano di Daniele Mastrogiacomo, è un ostaggio dimenticato. Il fratello Munir rivela che ieri sua madre ha avuto un infarto e che Ajmal aveva chiamato il padre quattro giorni fa dicendo che è in pericolo di vita e ancora in mano ai talebani. Nell’intervista al Giornale chiede aiuto al governo di Kabul e a quello italiano, denuncia inoltre la differenza di trattamento: per suo fratello non sono stati fatti gli stessi sforzi che hanno portato alla liberazione dell’inviato di Repubblica.
Lei ha idea di cosa sia successo ad Ajmal?
«So che è ancora nella mani dei talebani. Per ora è vivo e in buona salute, ma non abbiamo altre informazioni».
A un certo punto è circolato il sospetto che potesse essere stato trattenuto dai servizi segreti afghani, che volevano interrogarlo sui 15 giorni di prigionia con il giornalista italiano. La sua famiglia lo esclude?
«Abbiamo sentito questa notizia, ma ieri sera (venerdì) ci hanno chiamato dall’ambasciata italiana sostenendo che, per quanto si sa, è ancora nelle mani dei talebani (in realtà si tratta di notizie ufficiose riferite ai nostri diplomatici dal governo afghano, ndr). Inoltre il primo giorno di Nowroz (il Capodanno afghano, mercoledì), alle 17.45, Ajmal ci ha telefonato da un luogo sconosciuto. Mio fratello ha parlato per un minuto con nostro padre dicendo testualmente: “La mia vita è in pericolo, vi prego chiedete aiuto alle associazioni dei giornalisti, al governo afghano, a quello italiano e alla comunità internazionale per farmi liberare”. Nostro padre gli ha chiesto. “Cosa vogliono i talebani?” e lui ha risposto “il governo afghano lo sa bene”. Poi qualcuno ha preso il telefonino e ha interrotto la comunicazione».
È possibile che vogliano il sesto prigioniero, ovvero Mohammed Hanif, un ex portavoce talebano, che però li ha traditi e quindi rischia di venire ucciso se rilasciato in cambio di suo fratello?
«Non lo so, ma capire cosa vogliono è un dovere di Emergency. Hanno liberato Daniele e possono fare lo stesso con Ajmal».
Perché non ha reso pubblico prima il video, girato il 12 marzo quando è stato realizzato quello di Mastrogiacomo, in cui suo fratello chiede aiuto?
«Noi lo abbiamo ricevuto da Emergency due giorni fa (giovedì) e la mattina dopo l’ho dato alla televisione afghana. Dovete chiedere a loro perché non ce l’hanno consegnato prima o mandato in onda, come quello di Daniele».
È vero che sua madre è stata male?
«Sì, questa sera (ieri per chi legge) ha avuto un infarto. L’abbiamo portata subito all’ospedale e ora sta meglio. Sapeva di mio fratello, ma non le avevamo raccontato tutto. Anzi cercavamo di rassicurarla che sta bene e tornerà presto a casa. Purtroppo ha visto in televisione il video girato dai talebani con Ajmal e ha compreso la gravità della situazione. Subito dopo ha avuto l’infarto».
Cosa pensa della liberazione di Daniele Mastrogiacomo?
«Sono felice per la liberazione di Daniele, perché la vita di un uomo è stata salvata da un pericolo mortale. Allo stesso tempo sono arrabbiato e dispiaciuto, perché non ci si è occupati con la stessa attenzione di mio fratello. Sto parlando anche dei media e di Emergency. È una buona idea salvare una vita barattandola con cinque talebani o anche più, ma perché non in cambio di due vite?».
Ha mai sentito Mastrogiacomo o il suo giornale, Repubblica?
«No, il giornale e Daniele non ci hanno mai telefonato e neppure contattato per farci sapere qualcosa».
Cosa pensa del ruolo di Emergency?
«Emergency si è impegnata per liberare Daniele, ma non si sono preoccupati in eguale maniera del destino di Ajmal. Non so se è stato un loro errore, oppure la colpa è solo dei talebani».
Però Gino Strada ha promesso di aiutarla a ritrovare suo fratello…
«È vero, ma da Emergency ci hanno anche detto che fino a quando Rahmatullah Hanefi (il capo del personale dell’ospedale di Lashkargah arrestato dai servizi afghani in quanto mediatore per il rilascio di Mastrogiacomo, l’unico ad avere i contatti con i talebani nda) non verrà liberato, non possono fare nulla».
Si è rivolto alle autorità afghane?
«Siamo andati a parlare con i parlamentari della Camera bassa e del Senato. Inoltre abbiamo presentato una lettera all’ufficio del presidente Hamid Karzai e alla sede dell’Unama (la missione Onu a Kabul, ndr), per ottenere il rilascio di Ajmal. Fino ad ora solo il Parlamento ha risposto positivamente dicendo che avrebbero affrontato il caso in aula».
La famiglia vuole rivolgersi anche all’Italia?
«Dalla vostra ambasciata a Kabul ci hanno promesso un aiuto.

Ha lavorato duramente per il rilascio di Daniele. Ci aspettiamo che il vostro premier faccia le stesse pressioni sul governo afghano per liberare Ajmal. Mi appello anche ai talebani: “Liberate mio fratello. È un giornalista, un afghano e un buon musulmano”».

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