da Roma
La sfida, assicurano sindacalisti navigati e politici che si occupano della materia, questa volta è più difficile rispetto ad Alitalia. E la manovra di Walter Veltroni rischia di naufragare. Ma quale sia lintenzione del segretario del Partito democratico è stato chiaro fin dai primi lanci di agenzia che ieri annunciavano i due incontri: quello avvenuto con la presidente di Confindustria Emma Marcegaglia e il successivo con i leader di Cgil, Cisl e Uil, lunedì prossimo. Un bis di Alitalia. Con il capo dellopposizione che si propone di nuovo come mediatore tra parte datoriale e la più recalcitrante delle organizzazioni dei lavoratori, la Cgil. Un ruolo di terza parte che generalmente spetta al Governo. Che lesecutivo in carica in questa partita non ha ancora svolto, visto che la riforma dei contratti è ancora materia esclusiva di sindacati e aziende, ma che Veltroni ha tutta lintenzione di fare proprio. Con tanto di convocazioni ufficiali.
Un po meno chiaro, anche tra gli addetti al settore, lobiettivo dellex sindaco di Roma. Sicuramente prendersi il merito dellammorbidimento della linea della Cgil. Che questa volta, rispetto ad Alitalia, è uneventualità piuttosto remota visto che questa volta le differenze tra la posizione della Cgil di Guglielmo Epifani, quella di Confindustria e anche quelle di Cisl e Uil sono di sostanza e politiche. Di sostanza perché la Cgil è comunque contraria ad un nuovo sistema di contratti che privilegi la trattativa aziendale o regionale rispetto a quella nazionale. Politiche perché la Cgil è paralizzata da un gioco di correnti che la spinge più verso la sinistra radicale che verso il Pd.
Non è sfuggito ai vertici del Pd che laltra operazione immagine, quella di Alitalia, ha dato risultati molto sotto le aspettative. E allora è più probabile che a spingere un pezzo di Pd (oltre a Veltroni cerano Dario Franceschini, Enrico Letta e Pier Luigi Bersani) ad andare in delegazione da Marcegaglia e organizzare un incontro con i tre sindacati confederali, sia stato più che altro limbarazzo del principale partito di opposizione di fronte alle ultime scelte di Epifani. Il segretario generale di Corso dItalia, considerato vicino allo stesso Veltroni, ha ribattuto alla piattaforma di Confindustria con quello che gli stessi sindacalisti di Cisl e Uil considerano un ritorno alla scala mobile. Una posizione lontana anche rispetto a quella del Pd, che nel suo programma elettorale riconosce lesigenza di legare gli aumenti degli stipendi alla crescita della produttività.
Veltroni è stato spinto a prendere liniziativa dagli ex popolari del Pd. Preoccupati che il partito della sinistra venga identificato con il nuovo Corso della Cgil. E terrorizzati dalleventualità di un fronte sindacale di nuovo diviso, con Cisl e Uil che guardano più al governo che a loro. Preoccupazioni delle quali Veltroni si è fatto carico. Tanto da apparire a chi in queste settimane lo ha incontrato, più vicino alla Cisl che allultima Cgil.
Veltroni si è quindi trovato, da principale esponente dellopposizione, di fronte a un rebus di difficile soluzione. E lo ha affrontato chiedendo a Confindustria di non calcare la mano con la Cgil. Di concedergli qualcosa, se non sulla parte che riguarda gli stipendi, nella parte normativa dei nuovi contratti. Ancora meglio sarebbe che Marcegaglia cambiasse qualcosa dellindice sulla base del quale si calcolerà il recupero dellinflazione. Ma su questo gli industriali sostengono di essere già andati incontro ai sindacati. E allora, in mancanza di meglio, la soluzione indicata da Veltroni è il rinvio di tutta la partita.
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