E in cambio delle poltrone Pier infila nel suo forno pure comunisti e abortisti

Centristi falce e martello. Ma chi lo spiega ai cattolici elettori di Casini che se vincessero i candidati sostenuti dall’Udc, nei consigli regionali e negli assessorati di quattro regioni finirebbero i loro peggiori nemici: comunisti, abortisti, vendoliani, promotori di moschee, nemici del crocifisso, teorici delle coppie di fatto, dei matrimoni gay e di altre ricette indigeste per gli stomaci moderati? Toccherebbe proprio a lui, a Casini, anche se finora il leader si è occupato d’altro: tessere la tela delle cosiddette «alleanze variabili» o, con altra metafora da Prima Repubblica, accendere le caldaie per i due o tre forni elettorali in cui cuoce il tatticismo degli ex democristiani. Il segretario Cesa ha respinto le accuse di opportunismo elettorale: «Tutti parlano di due forni, io parlo di coerenza». Il principio delle alleanze udiccine in effetti è molto razionale: correre da soli dove non si è influenti e quindi non si ha potere contrattuale (per esempio in Veneto e Lombardia dove è scontata la vittoria del centrodestra, o in Toscana, Umbria ed Emilia-Romagna dove tradizionalmente sbanca il centrosinistra). Alleati invece con l’uno o con l’altro nelle regioni in bilico, a seconda di chi sia favorito: il Pd in Liguria e in Piemonte (anche se di poco), il Pdl in Calabria e forse Campania. Mettendo in campo, però, una serie di relazioni molto pericolose.
Si prenda il caso di scuola: il Piemonte. L’inedita accoppiata non è solo tra i bacchettoni dell’Udc e i laicisti della Bresso, ma anche tra centristi e Radicali, insomma il diavolo con l’acqua santa. La lista Bonino-Pannella fa parte della coalizione in cui si ritrova anche l’Udc, un amalgama multicolore che si allarga in tutti i sensi pur di sommare voti: dai Verdi anti-nucleare (mentre l’Udc è pro-nucleare) ai Comunisti anti-Tav (mentre i casiniani sono pro-Tav) ai pannelliani pro-Ru486 (la «pillola assassina» per l’Udc), all’Idv di Di Pietro (che sull’Udc parla di «politica da meretricio»...). I Comunisti hanno già un posto nel listino del presidente, la quota cioè di consiglieri eletti con il governatore in base al premio di maggioranza. In cambio l’Udc avrebbe incassato la vicepresidenza della Regione e almeno un assessorato pesante, probabilmente la Sanità. Si vocifera anche di parenti in lista. Il quotidiano online Affaritaliani scrive che uno degli assessori in quota Udc potrebbe chiamarsi Caterina Bima, «famosissimo notaio di Torino nonché compagna del vicesegretario nazionale dell’Udc, Michele Vietti». Il figlio dell’onorevole udiccìno Teresio Delfino, papabile vicepresidente della Regione in caso di vittoria, sarebbe invece - sempre secondo il quotidiano web - piazzato come candidato al consiglio regionale.
Ma la stessa elasticità politica («alla Fregoli», direbbe Carlo Giovanardi) viene sfoggiata dall’Udc anche in Liguria, dove i casiniani, custodi dei valori cattolici e della famiglia, appoggiano il governatore uscente Claudio Burlando (Pd), ritrovandosi così a braccetto con la sinistra scalmanata che - tra le altre cose - sponsorizza la costruzione di una moschea a Genova, mentre l’Udc locale ha addirittura raccolto firme per dire no. Nella stessa accolita elettorale ci sono i Comunisti, Rifondazione comunista, i Socialisti, l’Idv di Tonino, i Verdi. Qui la contropartita però è altrettanto golosa: l’assessorato alle Attività produttive già prenotato dal coordinatore regionale del partito, e in più forse un rimpasto al Comune di Genova, dove l’Udc (che ora è all’opposizione) entrerebbe nella spartizione del potere come premio per l’appoggio regionale.
Nelle Marche, terza regione in cui l’Udc si butta a sinistra, i due forni dell’Udc sono ancora più sorprendenti. Lì i centristi sono all’opposizione da quindici anni, e lo sono tuttora. Eppure tra due mesi sosterranno il governatore uscente Gian Mario Spacca (Pd), a cui fanno opposizione in Regione e contro cui avevano espresso un candidato alle precedenti elezioni regionali. «Per due strapuntini hanno svenduto i loro valori, ideali e storia» dice Remigio Ceroni, deputato marchigiano del Pdl e coordinatore regionale. Gli «strapuntini» sarebbero la vicepresidenza e un assessorato importante, quanto basta per il papocchio elettorale. Anche se si tratta di convivere con la Sel (Sinistra e libertà) di Vendola, e molto probabilmente anche con Pdci e Rifondazione comunista. Stesso schieramento variopinto che si ritrova in Basilicata, quarta e ultima regione dove l’Udc è in versione falce e martello.

A fargli compagnia c’è anche l’Api di Rutelli, tutti insieme con Rifondazione, Pdci, vendoliani e Idv. Il 6 per cento dell’Udc, qui come altrove, può servire. Purché alla fine non sia Casini a finire scottato dai suoi stessi forni.

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