E gli enigmi della fisica fanno spettacolo

La sala, a Ginevra, era strapiena già alle undici di ieri mattina. E sì che le rivelazioni sarebbero arrivate solo tre ore dopo, ma quello di ieri, al Cern, era come un concerto pop. Era il «bosone day», cioè il bosone di Higgs, una di quelle particelle misteriose la cui esistenza non è sicura, ma comunque fondamentale per la comprensione dell’universo, così come i fisici pensano che sia: insomma ieri si aspettavano proprio le risposte sulla sua esistenza, nuove prove «attese con ansia», come titolava l’altro giorno il New York Times, che ha aggiunto: «Il mondo intero starà a guardare».
Ecco il mondo è stato a osservare a bocca aperta, come un bambino, il nuovo show della fisica, la più complicata e fintamente semplice delle scienze: perché in qualche modo pareva a tutti di conoscerlo un po’ quel bosone, e non sono solo reminiscenze delle superiori, è che certe scoperte hanno il sapore della leggenda anche per i profani. Del resto il bosone è soprannominato la «particella di Dio», ieri c’era chi spiegava che finalmente gli scienziati sarebbero sulle tracce del «Santo Graal» della fisica, quello che da mezzo secolo tutti cercano, ma che da mezzo secolo continua a sfuggire. Chi non vorrebbe partecipare?
La fisica-spettacolo è il tentativo di rendere la scienza attraente e popolare, come la musica pop, anche se in realtà, per quasi tutti, rimane comunque incomprensibile. È una strategia che funziona: gli ignoranti della fisica, cioè la stragrandissima maggioranza, si illudono di essere Einstein per qualche secondo, di avere una illuminazione sull’universo e la realtà; gli scienziati si illudono che qualcuno capisca perché si sforzino tanto, da anni, nei loro studi. E poi tutti chiacchierano di argomenti fantastici, nei talk show, per dire, qualche tempo fa c’era chi parlava dei neutrini più veloci della luce come degli errori dell’arbitro o le primarie del Pd; c’è chi si diverte a visitare il Mit, il tempio della ricerca, come fosse Disneyland, e si compra pure la maglietta.
Ci sono libri che cercano di convincere la massa che la fisica è easy. Facile, attraente, subito pronta come i surgelati: La fisica dei supereroi per esempio spiega quanta forza serva a Superman per saltare in cima a un grattacielo o quanti cheeseburger debba mangiare Flash per correre a velocità supersonica, sembra semplice no? Invece è sempre, invariabilmente, oscuro. Oppure l’ultimo libro di Lisa Randall, teorica delle particelle di Harvard, che fa appello a Bob Dylan: Knocking on Heaven’s Door, sottotitolo «Come la fisica e il pensiero scientifico illuminano l’universo e il mondo moderno». Illuminano per pochi, ovviamente. Ma non importa, lo show della fisica piace, ieri a Ginevra c’era il pienone, la faccia di Einstein è uno sponsor gratis e irresistibile, quest’autunno a Varenna c’è stato il primo festival, dedicato alla luce, quasi poetico, altro che formule astruse. E la fisica va anche in scena: il progetto è dell’università di Milano e porta sul palco, a teatro, degli scienziati veri, con una serie di spettacoli.

Ci sono perfino lezioni di «fisica in cucina» (programmi tv, seminari), sempre per fare capire che questa scienza così complicata in realtà fa parte della vita quotidiana, è qualcosa di normalissimo, vicinissimo, comune. Se poi non si capisce niente, è solo un’impressione: niente di scientifico. È il «bosone day», un brindisi e via, la fisica è uno show, e allora è logico, deve continuare.

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