Un numero crescente di italiani che arrancano e faticano, con famiglia a carico, a poco più di mille euro al mese abbandona dunque le sponde della sinistra pietrificata. Operai, microimprenditori senza rete, sconfitti di passate stagnazioni sentono che la mitologia passatista della sinistra ha bloccato la società italiana togliendole slancio, mobilità, energia interiore. La sinistra? Roba da ricchi, da banchieri e boiardi, da categorie protette che non hanno la «sindrome della quarta settimana». Ma chi questa sindrome la conosce guarda con interesse alle vere novità del quadro politico, al Pdl che non deve deludere.
Cosa dire, ad esempio, agli operai? Soprattutto, cosa fare per loro? Innanzitutto, impegnarsi a sforbiciare drasticamente le trattenute in busta paga, ridurre quelle tasse e gabelle che immiseriscono i salari, fra i più bassi dei Paesi avanzati. Introdurre in questa categoria, un tempo considerata «massa» e trattata come tale, criteri di meritocrazia e di incentivazione, con la detassazione degli straordinari e dei compensi dovuti a particolari competenze e capacità. Favorire relazioni industriali che leghino i livelli retributivi ai risultati, non come generalizzate e simboliche elemosine, ma come concreti e mirati riconoscimenti per un buon lavoro. Il modo di produrre è cambiato, gli operai non sono più soltanto carne da catena di montaggio, hanno competenze, talenti, spirito di squadra, speranze, ambizioni. In un contesto svelenito di livorosi pregiudizi ideologici, bisogna garantire le opportunità di una formazione continua perché chi lo voglia abbia le sue opportunità di avanzamento e perfino di rinascita professionale. Un nuovo miracolo italiano non è ipotizzabile senza operai motivati, competenti, socialmente sicuri.
E cosa dire ai bisognosi, cosa fare per i ceti più fragili ed esposti, per gli anziani e i malati in difficoltà? Non è facile, ma è indispensabile: bisogna impegnarsi a ristrutturare lo Stato sociale per fare in modo che nel momento del bisogno nessuno resti solo.
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