E l’ispettore scopre che tra i fermati c’è anche suo figlio

Sale a 29 il numero degli arrestati a Catania. Fra loro, anche i «ragazzi» di due medici e il primogenito di un ufficiale: l’uomo è stato avvisato mentre era in ospedale a piangere il collega

nostro inviato a Catania
In una manciata di secondi è passato dalle lacrime per il collega ucciso alla collera, cieca, per quel che aveva combinato il figlio, arrestato mentre prendeva a sassate i colleghi di papà. È il dramma nel dramma di quel venerdì maledetto allo stadio di Catania. Un ispettore della Questura e il primogenito ultrà si sono ritrovati, faccia a faccia, negli uffici del Reparto mobile dove fino a qualche ora prima circolava Filippo Raciti e dove il giovane teppista Paolo era stato nel frattempo scaricato da una volante ammaccata dalle pietre. L’incontro s’è interrotto sulla porta, con l’intervento di tre agenti lesti a separare il padre dal figlio, a smorzare le urla del genitore all’indirizzo di chi, fino a poco prima, per evidenti motivi era stato restio a fornire le proprie generalità per l’interrogatorio.
Il telefonino ha trillato quando l’ispettore piangeva in ospedale la scomparsa del collega affiancato fino a qualche ora prima nei burrascosi servizi d’ordine pubblico. Ha risposto al cellulare, pensava a un poliziotto che chiedeva notizie, a un amico che gli esprimeva solidarietà. S’è dovuto sedere su una sedia, trattenere il respiro, mordersi la lingua. La frase non la dimenticherà più: «Collega scusa, ma qui abbiamo un elenco di persone fermate durante gli scontri. Ci sarebbe anche tuo figlio Paolo. Se puoi venire…». La frase gli rimbomba nelle orecchie. Il colpo è fortissimo. «Mio figlio? No, non è possibile. Controlla meglio collega, per favore controlla bene…». L’elenco dei fermati, nome per nome, viene scandito di nuovo da chi sta al di là del filo: «Allora collega, scusa, abbiamo Salvatore Paolo Dimaiuta e Giuseppe Bascetta, poi Salvatore, Alfio (…), dopo c’è un certo Andrea Nicosia e dunque Paolo (…), tuo figlio?». L’ispettore non risponde, chiude la comunicazione, vola in strada, scappa, corre dove tutti i teppisti fermati sono rinchiusi. Fra loro (29 in tutto) ci sono anche i figli di due medici catanesi. «È drammatico constatare - conferma il procuratore - che, fra gli arrestati, ci siano persone che dovrebbero venire da un ambiente sano».
L’ispettore è fuori di sé, trema. Spera in un’omonimia, in un abbaglio. No, non è così. Alla conferma la rabbia gli cresce dentro fino a esplodere. Il solo pensiero che il figlio prediletto possa esser andato allo stadio a combattere contro di lui e contro il povero Filippo, gli fa perdere la testa.

La rabbia si somma al dolore: vorrebbe strozzarlo con le proprie mani, vorrebbe anche abbracciarlo. Paolo non fa a tempo a chiedergli scusa che i due vengono separati. Ci sarà tempo per parlare, modo per chiarirsi. È il momento della preghiera. Una prece per Filippo, una per Paolo. E che Sant’Agata lo aiuti.

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