Roberto Scafuri
da Roma
Mentre ieri mattina Romano Prodi prendeva la cornetta per le corna e telefonava, uno per uno, a tutti i leader cosiddetti «amici», già stava risuonando da ore, tra i Palazzi romani, il don-don delle campane a morto sulla leadership dellUnione. Inevitabile che si mettesse in moto la complessa macchina partiti-portavoce-giornalisti-partiti, pronta a definire nel dettaglio percorsi di uscita per il Professore e di srotolamento tappeti al successore. Troppo presto e troppo machiavellica, lansia che dal Nazareno, sede dl, si è diffusa a macchia dolio per il mondo politico romano.
Ma è anche per questo, per frenare londa montante, che a metà pomeriggio di ieri piovevano dichiarazioni di sostegno al Professore. Da Violante a Fassino, da Folena a Bertinotti, forse pentitosi di aver accusato troppo ferocemente Prodi per il suo «azzardo». Attestati cui non si è sottratto neppure Giuliano Amato, costrettosi addirittura a mettere nero su bianco una lettera di giustificazioni: «Da parte mia nessun attacco a Prodi».
Partiamo da qui, dalla lettera di Amato, perché è sembrata davvero lexcusatio non petita che rafforza proprio la voce che intendeva smentire. Ovvero che Amato sia luomo giusto nel caso la situazione non si sblocchi. Nel quartier generale dei Ds si è diffusa una fifa boia: «Vuoi vedere che alla fine Prodi dobbiamo comunque mollarlo, e ci ritroviamo con il ticket Veltroni-Rutelli?». Comprensibile il fuggi-fuggi e il piano predisposto per difendere Prodi senza offendere la Margherita. Tra gli apripista messi in campo, Gavino Angius, dalemiano capo dei senatori ds. Che in unintervista al Corsera contraddiceva nettamente la linea dei vertici: «No a una lista senza Margherita».
Pazzie? No, Angius è incaricato di allestire il «piano B», quello demergenza. Ne ha anche discusso, in modo felpatissimo, per carità, proprio in casa del «nemico» Veltroni. Al Campidoglio, giovedì, si festeggiavano gli 80 anni di Reichlin. È lì che, parlando con Morando, Ranieri (liberal), Macaluso, Caldarola (riformisti), si è svolto il primo test di rete. «Ma se poi Prodi ci immischia in una causa per il simbolo? Se finisce per autodelegittimarsi? Se non possiamo consegnarci a lui, potremmo mai farlo a Walter?».
Gli sguardi dei presenti si sono animati di lampi luciferini. «Invertendo lordine dei fattori, il prodotto non cambia»: se finora Prodi era il candidato premier e Amato laspirante per il Quirinale, non funziona anche il contrario? Almeno per tenere buono Prodi, raffreddarne gli ardori, nel contempo tenendo a bada Veltroni. Un altro dalemiano doc, Pasqualino Laurito, nelle stesse ore diramava la sua Velina rossa proponendo Prodi al Quirinale. Sul fronte della critica costante alla leadership prodiana, invece, da settimane lavora il dalemiano Riformista. Come comprenderne le ragioni, visto che DAlema passa per «prodiano di ferro»? Comprensibile la preoccupazione degli «Italianieuropei»: difendere Prodi non basta, anzi può essere controproducente. Meglio sparigliare, spezzare un asse Rutelli-Veltroni, non far restare il sindaco di Roma unico «salvatore della patria» nel caso che Romano cada da cavallo.
In una situazione già intricata, ecco mettercisi anche la crisi economica con gli inviti del presidente della Repubblica e di quello di Confindustria. Nei boatos è sorta così ieri pomeriggio unipotesi ancora più articolata. «Lavorate come se fosse il primo anno di legislatura», ha raccomandato Ciampi. A qualcuno è parsa unindicazione precisa, che chiama maggioranza e opposizione a collaborare per le scelte dolorose. Un compito che non sarebbe né facile né gradito a Berlusconi.
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