E poi sarà Ida, prima moglie del Duce

da Roma

Marco Bellocchio cercava «un’attrice di una bravura mostruosa», perché Ida Dalser, la moglie segreta di Mussolini, «fu una donna che non si piegò mai, ribelle fino alla fine, quasi un'Antigone, un'eroina da tragedia greca». L'ha trovata in Giovanna Mezzogiorno. Il suo nuovo film sarà un'impresa ambiziosa, da oltre 8 milioni di euro, con riprese in Piemonte, Trentino e Venezia. Primo ciak a fine maggio. Titolo: Vincere. Come la parola d'ordine del Duce, incarnato da Filippo Timi. Ma anche come la volontà invincibile della donna che diede al futuro dittatore il primo figlio, Benito Albino. Produce Raicinema con Mario Gianani e la francese Celluloid Dreams. Nel cast, forse, Antonio Albanese, e un direttore della fotografia d'eccezione, Daniele Ciprì. L'idea è di presentarlo a Berlino 2009. Spiega Gianani: «Il film richiederà un grosso lavoro di post - produzione. Bellocchio vuole lavorare su un vasto materiale di repertorio fornito dal Luce, non limitandosi a usarlo, ma quasi “oggettivizzandolo”. Tutto dovrà sembrare nuovo, come visto con gli occhi di un contemporaneo del Duce».
Fu proprio il Giornale ad annunciare che Bellocchio stava preparando un film sul «figlio segreto» di Mussolini, quel Benito Albino morto ventiseienne, il 25 luglio 1942, nell'ospedale psichiatrico di Mombello, ufficialmente per «marasma»; ma soprattutto sulla madre Ida Dalser, sposata con rito religioso nel settembre 1914, un anno prima di unirsi in matrimonio civile con Rachele Guidi, e anch’essa fatta rinchiudere in manicomio per cancellarne l'identità. «Una tragedia italiana» per Bellocchio. Il Mussolini del suo film, dice, «ricorda l'Alessandro dei Pugni in tasca, che si “realizza” uccidendo madre e fratello». «Una tragedia infinita che neppure la penna della Invernizio avrebbe saputo arabescare meglio», suggerisce Stefano Lorenzetto, che ricostruì la vicenda su queste colonne.
In effetti, a Ida Dalser e a quel figlio chiamato Albino pur avendo i capelli castani, lo sciupafemmine romagnolo riservò un trattamento atroce. Pensare che solo pochi anni prima, nel 1914, la giovane donna trentina s’era disfatta dei suoi beni per aiutare il marito interventista a fondare Il Popolo d'Italia. L'11 novembre 1915, sarebbe nato Benito Albino, per il quale Mussolini sottoscrive un'attestazione di paternità, salvo poi falsificare i dati anagrafici. Ma è nel 1926 che la persecuzione diventa sistematica. La donna rivendica diritti, forse minaccia scenate. Il Duce la fa internare nel manicomio di San Clemente, a Venezia, dove, semiparalizzata, muore per emorragia cerebrale il 3 dicembre 1937.
Per la Mezzogiorno un ruolo da far tremare le vene.

Basti pensare che l'8 agosto 1929, l'angosciata Ida scrisse al Duce: «Caro Benito, liberami, liberami per pietà! Si uccide una donna, un figlio che pesa troppo sulla coscienza solo perché ha il nome del padre... Alzati dal letargo che ti opprime, salva almeno il tuo sangue!». Lui si guardò bene dal farlo.

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