Uno spettacolo esotico, o, direbbe Antonio Tabucchi, un «Notturno indiano», sarà proiettato ogni sera alle ore 21, da questa sera al 4 settembre, alle Scuderie del Quirinale: unoccasione per conoscere la maggiore industria cinematografica del mondo, quella di Bollywood (la Hollywood di Bombay), e insieme alcuni film di registi di diversa nazionalità ambientati in India. Tra questi «Shakespeare Wallah» di James Ivory, «India, matri Bhumi» di Roberto Rossellini e il documentario «Kumbha Mela» di Michelangelo Antonioni. Ma, ovviamente, sono i registi locali a prevalere nella rassegna «Visioni indiane», a partire da «In custody» (1993) di Ismail Merchant, recentemente scomparso: un lungometraggio che racconta la storia di un poeta urdu, la cui lingua rischia di estinguersi.
Daltra parte il subcontinente indiano ha una quantità impressionante di idiomi e lo stesso cinema si esprime in più lingue. I film più vecchi illustrano vicende mitologiche, soprattutto del poema Mahabharata. Nel 1936, con la storia del santo Tukaram, il regista Govind Damle introduce il playback. Si diffonde così una tecnica narrativa mista, con fasi epiche, canti, danze e sequenze di alleggerimento comico. Questo cinema popolare di intrattenimento è allo stesso tempo educativo, perché fa conoscere a milioni di spettatori il magico mondo delle divinità hindù. A partire dagli anni Sessanta e Settanta, giovani autori, influenzati dal Neorealismo e dalla Nouvelle Vague, danno vita a un cinema parallelo a quello commerciale. Ma è sempre il cinema popolare di Bollywood a creare i nuovi miti, le star che invadono tutti gli aspetti della cultura popolare.
Tra i classici indiani che verranno proiettati, oltre a «Sant Tukaram», ricordiamo «Aag» (Fuoco) (1948) di Raj Kapoor, che parla di un uomo ossessionato dal teatro e dal ricordo di un amore perduto, e «Devdas» (1955) di Bimal Roy, una storia simile a quella di Romeo e Giulietta.
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