Ecco chi è il Conte che guida la rivolta anti moschea Un ex missino «tradito» da Fini, in consiglio comunale ha lanciato una borsa di volantini e s’è beccato la denuncia

Nelle ultime settimane è passato nella cronaca dei giornali come «Il lanciatore». Ma lui forse avrebbe preferito essere definito «Il postino» visto che nel famoso sacchetto che lo scorso 3 marzo il consigliere leghista del Municipio centro-est, Giannalberto Conte, ha gettato nell'emiciclo della Sala Rossa, in pieno consiglio comunale, non c'erano altro che le lettere spedite dal sindaco Marta Vincenzi agli abitanti del Lagaccio per convincerli che la Moschea va fatta. Lettere che in molti hanno deciso di rispedire al mittente proprio tramite Conte che, per quel gesto, si è beccato una «Annotazione di servizio all'autorità giudiziaria». «Non ho colpito nessuno perché non era mia intenzione colpire nessuno», si giustifica Conte. E c'è da credergli, visto che il consigliere non manca certo di una buona mira. Per capirlo basta incontrarlo in casa sua e ammirare la collezione di reperti militari che conserva insieme al suo vecchio fucile da caccia e allo storico «91 TS corto» in dotazione al nonno che è stato capitano degli alpini. Nel suo regno, che dalle alture di Castelletto domina la città, tutte le sere, come una sentinella, Conte scruta la Superba da Nervi alla Lanterna, simbolo di tutte le sue campagne elettorali. Un guardiano della tradizione che ha fatto della sua casa un vero e proprio museo sorvegliato con cura dalla moglie Irene e dal gatto Birillo che si aggira guardingo tra le antiche testimonianze della cultura contadina. Formelle per il latte, macinini, campanacci, lanterne a olio, stampi da burro sono disseminati in tutta la casa su credenze in stile «decò» e sotto centinaia di dipinti che ritraggono ogni angolo della Liguria.
La parte del leone naturalmente la fanno mobili e soprammobili del ventennio fascista. Un pugnale della Milizia con impugnatura ad aquila e il fascio incastonato, insieme a gavettini segnati dalla guerra, riposano tra una collezione di coppe da latte col simbolo del fascio sul fondo, bottiglie della Centrale del latte di Genova con gli stemmi littori ai lati dell'emblema della Superba e un portasigarette in legno fatto a carro armato identico a quello del Duce. E poi il bracciale di quando Conte (classe 1957) militava nel Fronte della Gioventù e dopo nel Msi. Un impegno politico che ha fatto guadagnare gli auguri personali di Donna Assunta al consigliere che nel 1997 è stato recordman di preferenze tra tutti i consiglieri di circoscrizione di Genova.
Con la crisi della Destra Conte entra in Alleanza nazionale ma: «quando ho visto l'appiattimento e l'omologazione di Gianfranco Fini ho aderito ad Alternativa sociale di Alessandra Mussolini». Però, neanche nel movimento della Mussolini il consigliere ha ritrovato quei valori di un tempo e così, nel 2006, dopo un periodo tormentato, Conte entra nella «unica forza politica con un progetto serio su tematiche come sicurezza, ordine pubblico e immigrazione»: la Lega. Una scelta obbligata per Conte che, tradito dalla nuova destra, rimane fedele agli antichi simboli. Da Giorgio Almirante allo stesso Benito Mussolini incorniciato sul muro davanti al letto con affianco la scritta: «Lavorare e combattere per la patria, per la vittoria». È ancora quel motto a dare il buon giorno al consigliere che ogni mattina prende il suo orologio a cipolla dal portagioie che sembra disegnato dal padre del Futurismo in persona e si prepara a scrivere una nuova mozione.

Le ultime per «Vietare la vendita e la locazione di immobili a cittadini stranieri» e contro la «presenza di accattoni, lavavetri, sbandati e venditori abusivi». Ma la grande battaglia è quella della moschea che «non deve essere fatta non solo al Lagaccio ma in tutta Genova». «Né ora, né mai», precisa Conte.

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