Caro dott. Granzotto, ogni mattina inizio la lettura de «Il Giornale» dal suo «angolo» e mi gusto le argute, dotte e quasi sempre condivise risposte che lei dà ai lettori. Questa volta laspetto al varco: e se i lombardi o meglio ancora i lombardo-veneti promuovessero un processo di autodeterminazione per ottenere lindipendenza o comunque una robusta autonomia di tipo federalista, chi oserebbe fermarli?
È lì che casca lasino dellautodeterminazione dei popoli, caro Caracciolo. Nel fatto che non sempre è possibile distinguerla - lessicamente, politicamente e giuridicamente - dalla secessione. Grosso guaio, perché se luna è un diritto inderogabile sancito dalla Carta delle Nazioni Unite e dal diritto internazionale, laltra viola il rispetto, altrettanto tutelato da norme e da Carte, della integrità territoriale e politica degli Stati. Come non bastasse, cè da aggiungere che mentre il concetto di secessione è immediatamente afferrabile, non si è ancora riusciti a circoscrivere (e non lo si riuscirà mai) lesatta estensione oggettiva e soggettiva del diritto dei popoli allautodeterminazione. Finché esso era riferito ai popoli sottoposti al giogo coloniale, tutto filò (quasi) liscio come lolio. Ma non essendoci più colonie da decolonizzare, ci si è arroccati sul principio negativo. E cioè che il diritto di autodeterminazione non può comportare la spartizione di uno Stato sovrano - non può essere secessione, insomma - a meno che detto Stato non si renda responsabile di gravi violazioni dei diritti umani (e anche qui, vai poi a stabilire in che modo e in che misura). In sostanza, nessuna alta istituzione, che poi nel nostro caso è una sola, lOnu, ha dato risposta alle due domande che le compendiano tutte: chi ha la titolarità per esercitare il diritto allautodeterminazione? E a quali condizioni? Nel mentre si discute al fine di salvare la capra dellautodeterminazione e i cavoli della intangibilità fisica e politica degli Stati, ciascuno fa come gli pare. A febbraio, come abbiamo visto, i kosovari si sono autodeterminati praticamente senza colpo ferire (anche se gli incidenti di Kosovska Mitrovica non promettono niente di buono). Il mondo sè diviso in due, fra quanti ritengono il governo di Pristina illegale e quanti, invece, si sono precipitati a riconoscerlo, in primis lItalia. Nel caso di una reazione violenta della Serbia, a meno di non voler passare per i soliti cialtroni saremmo dunque tenuti a intervenire a favore del Kosovo indipendente. E dietro alla Serbia cè la Russia. E dietro al Kosovo cè Washington (con noi appresso). Diceva Churchill che i Balcani producono più storia di quanta ne possano digerire. Il guaio è che, nel caso, toccherebbe poi a noi, digerirla. E non è che disponiamo di stomaci forti. Tantè che per non rovinarceli ulteriormente andiamo avanti a forza di quel Maalox chiamato «dialogo» al quale, e ti pareva, dopo la sparatoria di Mitrovica abbiamo invitato le parti. Quindi sia gentile, caro Caracciolo: non ponga nemmeno come ipotesi scherzosa leventualità che i lombardi e i veneti si mettano in testa di autodeterminarsi. E che, di conseguenza, Giorgio Napolitano abbia a gestire, in quanto espressione dellunità nazionale, capo dello Stato e delle Forze armate, una faccenda del genere.
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