Ecco perché il Pdl ha allontanato Fini: il documento

Pubblichiamo il documento integrale approvato a maggioranza dall'Ufficio di presidenza Pdl (33 sì, 3 no) lo scorso 29 luglio: "Non si può fare politica da Montecitorio per far cadere la maggioranza". Da qui la decisione di deferire ai probiviri Bocchino, Granata e Briguglio

Ecco perché il Pdl ha allontanato Fini: il documento

L’Italia necessita di profondi cambiamenti sia nella sfera economica che in quella politica e istituzionale. Così esordisce il documento finale votato questa sera dall’ufficio di presidenza del Pdl. L’azione del nostro governo presieduto da Silvio Berlusconi e la nascita del Pdl rappresentano, ciascuno nella propria sfera, la risposta più efficace alla crisi del Paese. Il governo ha dovuto agire nel pieno della crisi economica più grave dopo quella del 1929, riuscendo ad evitare, da un lato, gli effetti più dirompenti della crisi sul tenore di vita delle famiglie e dei lavoratori, e, dall’altro lato, preservando la pace sociale e la tenuta dei conti pubblici.

Con la nascita del Pdl, dall’altra parte, la vita politica italiana ha fatto un ulteriore passo in avanti verso la semplificazione e il bipolarismo. Occorre aggiungere che, in questi anni, gli elettori hanno sostenuto e premiato sia l’azione del governo che la nuova realtà politica rappresentata dal Pdl. Immediatamente dopo il nostro congresso fondativo, tuttavia, e soprattutto dopo le elezioni regionali, sono intervenute delle novità che hanno mutato profondamente la situazione, al punto da richiedere oggi una decisione risolutiva.
Invece di interpretare correttamente la chiara volontà degli elettori, nella vita politica italiana hanno ripreso vigore mai spente velleità di dare una spallata al governo in carica attraverso l’uso politico della giustizia e sulla base di una campagna mediatica e scandalistica, indirizzata contro il governo e il nostro partito, che non ha precedenti nella storia di un Paese democratico. L’opposizione, purtroppo, non ha cambiato atteggiamento rispetto al passato, preferendo cavalcare l’uso politico delle inchieste giudiziarie e le speculazioni della stampa piuttosto che condurre un’opposizione costruttiva con uno spirito riformista.

Ciò che non era prevedibile è il ruolo politico assunto dall’attuale Presidente della Camera. Soprattutto dopo il voto delle regionali che ha rafforzato il governo e il ruolo del Pdl, l’onorevole Gianfranco Fini ha via via evidenziato un profilo politico di opposizione al governo, al partito ed alla persona del presidente del Consiglio. Non si tratta beninteso di mettere in discussione la possibilità di esprimere il proprio dissenso in un partito democratico, possibilità che non è mai stata minimamente limitata o resa impossibile. Al contrario, il Pdl si è contraddistinto dal momento in cui è stato fondato per l’ampia discussione che si è svolta all’interno degli organismi democraticamente eletti. Le posizioni dell’onorevole Fini si sono manifestate sempre di più, non come un legittimo dissenso, bensì come uno stillicidio di distinguo o contrarietà nei confronti del programma di governo sottoscritto con gli elettori e votato dalle Camere, come una critica demolitoria alle decisioni prese dal partito, peraltro note e condivise da tutti, e infine come un attacco sistematico diretto al ruolo e alla figura del presidente del Consiglio.
In particolare, l’onorevole Fini e taluni dei parlamentari che a lui fanno riferimento hanno costantemente formulato orientamenti e perfino proposte di legge su temi qualificanti come ad esempio la cittadinanza breve e il voto agli extracomunitari che confliggono apertamente con il programma che la maggioranza ha sottoscritto solennemente con gli elettori. Sulla legge elettorale, vi è stata una apertura inaspettata a tesi che contrastano con le costanti posizioni tenute da sempre dal centro-destra e dallo stesso Fini. Persino il tema della legalità per il quale è innegabile il successo del governo e della maggioranza in termini di contrasto alla criminalità di ogni tipo e di riduzione dell’immigrazione clandestina, è stato impropriamente utilizzato per alimentare polemiche interne.

Il PdL proseguirà con decisione nell’opera di difesa della legalità, a tutti i livelli, ma non possiamo accettare giudizi sommari fondati su anticipazioni mediatiche. Le cronache giornalistiche degli ultimi mesi testimoniano d’altronde meglio di ogni esempio la distanza crescente tra le posizioni del PdL, quelle dell’onorevole Fini e dei suoi sostenitori, sebbene tra questi non siano mancati coloro che hanno seriamente lavorato per riportare il tutto nell’alveo di una corretta e fisiologica dialettica politica. Tutto ciò è tanto più grave considerando il ruolo istituzionale ricoperto dall’onorevole Fini, un ruolo che è sempre stato ispirato nella storia della nostra Repubblica ad equilibrio e moderazione nei pronunciamenti di carattere politico, pur senza rinunciare alla propria appartenenza politica.

Mai prima d’ora è avvenuto che il presidente della Camera assumesse un ruolo politico così pronunciato perfino nella polemica di partito e nell’attualità contingente, rinunciando ad un tempo alla propria imparzialità istituzionale e ad un minimo di ragionevoli rapporti di solidarietà con il proprio partito e con la maggioranza che lo ha designato alla carica che ricopre. L’unico breve periodo in cui Fini ha «rivendicato» nei fatti un ruolo super partes è stato durante la campagna elettorale per le regionali al fine di giustificare l’assenza di un suo sostegno ai candidati del PdL. I nostri elettori non tollerano più che nei confronti del governo vi sia un atteggiamento di opposizione permanente , spesso oggettivamente in sintonia con posizioni e temi della sinistra e delle altre forze contrarie alla maggioranza, condotto per di più da uno dei vertici delle istituzioni di garanzia. Non sono più disposti ad accettare una forma di dissenso all’interno del partito che si manifesta nella forma di una vera e propria opposizione, con tanto di struttura organizzativa, tesseramen­to e iniziative, prefigurando già l’esi­stenza sul territorio e in Parlamento di un vero e proprio partito nel partito, pronto, addirittura, a dar vita a una nuo­va aggregazione politica alternativa al Pdl.I nostri elettori,inoltre,ci chiedono a gran voce di non abbandonare la nuo­­va concezione della politica, per la qua­le è nato il Pdl, che si fonda su una chia­­ra cornice culturale e di valori, sulla scel­ta di un chiaro e definito programma di governo, su una compatta maggioran­za di governo e sull’indicazione di un presidente del Consiglio, in una logica di alternanza fra schieramenti alternati­vi. Questo atteggiamento di opposizio­ne sistematica al nostro partito e nei confronti del governo che, ripetiamo, nulla ha a che vedere con un dissenso che legittimamente può essere esercita­to all’interno del partito, ha già creato gravi conseguenze sull’orientamento dell’opinione pubblica e soprattutto dei nostri elettori, sempre più sconcer­tati per un atteggiamento che mina alla base gli sforzi positivi messi in atto per amalgamare le diverse tradizioni politi­ch­e che si riconoscono nel Pdl e per co­struire un nuovo movimento politico unitario di tutti coloro che non si ricono­scono in questa sinistra.

La condivisione di principi comuni e il vincolo di solidarietà con i propri com­pagni di partito sono fondamenti im­prescindibili dell’appartenenza a una forza politica. Partecipare attivamente e pubblicamente a quel gioco al massa­cro che vorrebbe consegnare alle Pro­cure della Repubblica, agli organi di stampa e ai nostri avversari politici i tempi, i modi e perfino i contenuti della definizione degli organigrammi di par­tito e la composizione degli organi isti­tuzionali, è incompatibile con la storia dei moderati e dei liberali italiani che si riconoscono nel Popolo della libertà. Si milita nello stesso partito quando si av­verte il vincolo della comune apparte­nenza e della solidarietà fra i consocia­ti. Si sta nel Pdl quando ci si riconosce nei principi del popolarismo europeo che al primo posto mettono la persona e la sua dignità. Assecondare qualsiasi tentativo di uso politico della giustizia; porre in contraddizione la legalità e il garantismo; mostrarsi esitanti nel re­spingere i teoremi che vorrebbero fon­dare la storia degli ultimi sedici anni su un «patto criminale» con quella mafia che mai come in questi due anni è stata contrastata con tanta durezza e con tan­ta efficacia, significherebbe contraddi­re la nostra storia e la nostra identità. Per queste ragioni questo ufficio di Presidenza considera le posizioni del­l­’onorevole Fini assolutamente incom­patibili con i principi ispiratori del Pdl, con gli impegni assunti con gli elettori e con l’attività politica del Pdl.

Di conse­guenza viene meno, allo stato, anche la fiducia del Pdl nei confronti del ruolo di garanzia di presidente della Camera in­dicato dalla maggioranza che ha vinto le elezioni. L’Ufficio di presidenza del Pdl ha inoltre condiviso la decisione del Comitato di coordinamento di defe­rire ai probiviri gli onorevoli Bocchino, Granata e Briguglio.

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