Ecco a voi il "Baudismo" il dna di una nazione

Pippo Baudo si è inventato lui da solo, è stato uno, nessuno, centomila, non nel senso drammatico dell'opera del suo corregionale, è stato la televisione e il televisore, soggetto e oggetto, artista delle larghe intese, collezionista del vintage e del modernariato sui vari teatri televisivi, di Stato e privati

Ecco a voi il "Baudismo" il dna di una nazione
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Soltanto un fuoriclasse è capace di essere presente nella Treccani con sette neologismi legati al proprio nome e al proprio cognome: pippobaudismo, baudismo, pippobaudiano, pippobaudista, baudeggiare, baudesco, baudiano. Un vocabolario vivente per un solo uomo al comando, anzi al microfono, fenomeno assoluto, provocato e spontaneo o, come ha saputo magistralmente riassumere Rosario Fiorello, un siciliano che al primo giorno di scuola, all'appello del maestro, rispose "Presento!". Pippo Baudo si è inventato lui da solo, è stato uno, nessuno, centomila, non nel senso drammatico dell'opera del suo corregionale, è stato la televisione e il televisore, soggetto e oggetto, artista delle larghe intese, collezionista del vintage e del modernariato sui vari teatri televisivi, di Stato e privati, interprete dell'idem sentire, portatore sano del pensiero debole, per alcuni, e del vivere sereno per molti, anzi moltissimi. Un soprammobile, come lui stesso si definì, un arredo famigliare degli italiani, un modo di presentare gli altri soprattutto per presentare sé stesso, colto e accogliente, educato e rispettoso, diverso da Mike, distinto da Corrado, perché se Sanremo è Sanremo, Baudo è Baudo, identificabile anche in caso di nebbia, un transatlantico da crociera sicura, capace di superare onde altissime e venti contrari, quelli soffiati da Manca o Del Noce con la puzza al loro naso sul nazionalpopolarismo del Nostro. Un monumento parlante, ecco perché è nato il baudismo, un modo di essere, di parlare, di muoversi, di lavorare davanti alle telecamere, smentendo quel foglietto del primo provino su cui stava scritto "di buona presenza, ottima dizione, adatto a spettacoli minori". I trifolau di mamma Rai non avevano intuito che trattavasi di tartufo bianco pregiatissimo. Lentamente ha saputo cucirsi addosso la televisione, per un certo periodo si era creduto addirittura che senza di lui non potessero esserci spettacolo, varietà, trasmissione, se gli avessero proposto il tiggì avrebbe occupato anche quella scrivania, rassicurando gli spettatori anche con le notizie più terribili. Sapeva di essere diventato ingombrante, lo aveva ammesso pubblicamente, il tempo fugge e lo spettacolo prevede altri ritmi, altro lessico, eppure se osservi e ascolti l'Amadeus contemporaneo rivedi qualche tratto del Pippobaudo che fu, senza avere, però, la stessa classe, uguale eleganza, d'abito e portamento ma, infine, sì la capacità di raggrumare il vecchio e il nuovo e di imporre, sul palco, la propria stazza fisica, che non è poco.

Di certo ripetere il baudismo è missione impossibile, resta, Pippo, un fenomeno unico nella sua normalità, ossimoro che ha un significato preciso, la classe non è acqua, la cosa più difficile è essere normali, cantava Lucio Dalla e Giuseppe Raimondo Vittorio Baudo ha saputo confermarlo. Penso che abbia mormorato una delle sue frasi migliori: "non me lo dovevi fare!".

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