Advisor e legali di Exor e gruppo de Rothschild stanno discutendo sulla ripartizione del 50% de L'Economist messo in vendita da Pearson. L'accordo è vicino. Il comunicato che ridefinisce i pesi nel capitale della società editoriale è di fatto pronto. Mancano solo due numerini. Le quote che le due famiglie del capitalismo deterranno: in questo momento sono ferme al 4,7% (Elkann-Agnelli) e 21% de Rothschild. Intanto la Borsa lancia il suo segnale in attesa di eventi: -1,47%, ieri, per la holding torinese.
Secondo indisrezioni, Exor potrebbe avere al termine dell'operazione circa il 40% de L'Economist , attraverso un aumento di peso graduale, stando comunque attenta a garantire l'indipendenza editoriale che sta alla base dei valori e del successo del magazine. Il presidente John Elkann, a questo punto, starebbe negoziando un meccanismo di voto che dovrebbe portare Exor ad avere in assemblea gli stessi diritti della famiglia de Rothschild. Resta il fatto che avere il 40% de L'Economist , per la famiglia Agnelli rappresenta unicamente una questione di prestigio (e lo stesso ragionamento può essere fatto per i de Rothschild e gli altri piccoli azionisti del gruppo editoriale). La tradizione, infatti, vuole che l'incidenza degli azionisti sulla linea editoriale del magazine sia praticamente nulla. Ma importante, oltre all'immagine, per chi investe soldi in questa società è il ritorno di carattere economico. Un buon affare, dunque. Ed Elkann, che in questa estate sta investendo molto del tesoro di casa Agnelli, lo sa bene.
E se il nonno, l'Avvocato, amava molto frequentare i salotti dell'editoria (da Catherine Graham, proprietaria di Washington Post e Newsweek , all'ediotore di Cbs , William S. Paley), il nipote preferisce avere un ruolo attivo: azionista come ne L'Economist , La Stampa e il Corriere della Sera , o solo membro del cda, come nel caso di NewsCorp.
Resta da chiedersi se, una volta chiarita la quota ne L'Economist , la prossima mossa di Elkann sia quella di portare da Fca sotto Exor le partecipazioni in Rcs e La Stampa . In questo modo zittirebbe chi sostiene che sotto Exor ci sono le editrici che guadagnano e sotto Fca quelle più in sofferenza.