Dopo quindici anni di incomprensioni e mesi di negoziati, spunta l'accordo: sulla scia della decisione presa a fine novembre dall'Opec di «rinunciare» a 1,2 milioni di barili di petrolio al giorno, anche undici Paesi produttori «indipendenti» dal Cartello hanno accettato ieri di tagliare il loro output di 558mila barili al giorno. Il risultato è inferiore al target previsto di 600mila ma, considerando la nuova quota Opec (32,5 milioni di barili), significa togliere dal mercato il 2% dell'offerta mondiale.
«Sono felice di annunciare che questo storico accordo sia stato raggiunto», ha detto Mohammed Bin Saleh Al-Sada, ministro dell'Energia del Qatar, al termine del summit svoltosi a Vienna. L'accordo è considerato cruciale sia perché non se ne vedeva traccia dal 2001 sia per l'ampiezza: coinvolti i signori del greggio responsabili di più della metà della produzione del Pianeta. Oltre alla Russia di Vladimir Putin, che ha confermato l'impegno a tagliare l'output di 300mila barili, hanno in particolare firmato il protocollo Azerbaijan, Bahrain, Bolivia, Brunei, Guinea Equatoriale, Malesia, Messico, Oman, Sudan, Sudan del Sud e soprattutto un inatteso Kazakistan. Una sorpresa perchè il Paese ha da poco portato a regime il maxi-giacimento di Kashagan, dove anche l'italiana Eni ha grandi interessi.
I principali sponsor politici dell'accordo sono stati Russia e Arabia Saudita, mentre l'Iran è stato a lungo il nodo da sciogliere dopo la fine delle sanzioni occidentali. Quello di ieri è stato «un incontro storico. Il risultato contribuirà alla crescita dell'economia globale e agli obiettivi di inflazione dei Paesi Opec», ha detto il segretario generale Mohammed Barkindo.
I Paesi dell'Opec hanno infatti molto patito il contraccolpo del «mini-petrolio» sui propri (comunque fiorenti) bilanci pubblici: a partire dal giugno del 2014 il greggio era arrivato a dimezzarsi, toccando punte minime al di sotto dei 30 dollari.
L'obiettivo è quindi ora quello di mantenere l'ordine tra le quotazioni dell'oro nero, peraltro da tempo in ripresa: venerdì scorso, quando il mercato scontava l'intesa, il Wti ha guadagnato 61 cent (+1,2%) a 51,45 dollari a Ney York e il Brent è salito di 34 cent (+0,6%) a 54,23 dollari.
«Dai Paesi non-Opec arriva il più grande contributo che abbiamo mai visto», ha detto l'osservatore veterano Opec e fondatore della società di consulenza Pira Energy, Gary Ross. Secondo l'analista, l'accordo potrebbe portare il prezzo del petrolio fino a 60 dollari al barile. Ora l'aumento alla pompa di gasolio pare dietro l'angolo.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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