Auto, spunta il cartello delle tedesche

Sospetti per un accordo tra i gruppi Daimler, Vw e Bmw. Rischiano multa di 50 miliardi

Auto, spunta il cartello delle tedesche

Pierluigi Bonora

Due anni fa, a settembre, in pieno Salone di Francoforte, deflagrava il «Volkswagengate». Ora, a un mese e mezzo dallo stesso appuntamento, quest'anno più tedesco che mai vista la mancata adesione di diversi costruttori, il mondo dell'auto «made in Germany» viene nuovamente scosso da una vicenda le cui conseguenze potrebbero essere molto pesanti e concludersi con una maxi-multa fino a 50 miliardi. Questa volta si parla di «cartello» tra le stesse Case tedesche e di mezzo ci sono anche e ancora i motori diesel, che in tanti vogliono ormai vedere morti e sepolti. Gli accordi sotto la lente degli inquirenti, oltre ai controlli sulle emissioni, riguardano la tecnologia dei veicoli, i costi, i fornitori e le strategie. E il tutto andrebbe avanti dagli anni '90 coinvolgendo oltre 200 persone riunite in una sessantina di gruppi di lavoro. C'è da scommettere che il nuovo «car-gate» che riguarda la Germania sarà uno dei temi dominanti delle prossime elezioni tedesche, sempre in settembre. Il governo di Berlino, proprio in vista del voto, dovrà ora prendere le distanze dal settore e far passare, di fronte all'opinione pubblica (che si aspetta questa mossa) il messaggio che il diritto e la giustizia devono valere anche per l'industria delle quattro ruote.

A denunciare il «cartello» sarebbero state, come pubblicato da Der Spiegel, le stesse Daimler e Volkswagen. E sotto inchiesta sono finiti anche Bmw e le controllate di Vw, Audi e Porsche. Tutti, dunque, rischiano grosso. La patata bollente, maxi-multa compresa, è nelle mani di Bruxelles. I 50 miliardi ipotizzati sono usciti dai calcoli fatti da alcuni analisti, secondo i quali la somma potrebbe coinvolgere fino al 10% delle entrate dei gruppi. In pratica, Vw potrebbe sborsare altri 22 miliardi in aggiunta ai 23 miliardi (di dollari) finora pagati per il Dieselgate, e Daimler una quindicina. Sul piede di guerra scendono anche le associazioni dei consumatori del Paese (con Vw hanno il dente avvelenato a causa dei mancati risarcimenti, come invece è avvenuto negli Usa, ai possessori europei delle auto interessate al Dieselgate) il cui rappresentante, Klaus Müller, paventa una valanga di azioni legali da parte degli automobilisti che avrebbero pagato un prezzo troppo alto per la loro vettura. Preoccupati e sollecitati dal sindacato Ig Metall e dal Land della Bassa Sassonia, uno dei principali azionisti del gruppo, i vertici di Vw hanno convocato per domani un consiglio di sorveglianza straordinario. Da parte sua, invece, Bmw nega ogni eventuale caso di manipolazione e collusione. «È tutta una macchinazione per montare uno scandalo contro il motore diesel», accusano da Monaco di Baviera. Matthias Müller, ceo di Volkswagen, reclama norme chiare: «L'incertezza - afferma - è grande e la vediamo anche negli ordini di vetture a gasolio». Ma per Vw i guai non finiscono qui: il gruppo, che dalla vendita di Ducati potrebbe spuntare una cifra tra 1,2 e 1,5 miliardi, deve anche rispondere in Brasile alle accuse della magistratura in quanto avrebbe partecipato attivamente alle persecuzioni contro gli oppositori ai tempi della dittatura militare. Alcuni dei dipendenti di Volkswagen do Brasil furono arrestati sul posto di lavoro. Lo storico Christopher Kopper, su incarico di Wolfsburg, ha in corso una perizia.

In sofferenza, a Francoforte, i titoli Daimler (-2,6%),

Bmw (-2,7%) e Volkswagen (-1,2%). Finora la multa più elevata dall'Antitrust Ue ha riguardato, nel 2016, il «cartello» dei produttori di camion: 3 miliardi. Coinvolti: Man (Gruppo Vw), Volvo-Renault, Daimler, Daf e Iveco.

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