L'avvocato Paola Severino ieri ha chiesto il non luogo a procedere per Ubi, imputata in relazione alla legge 231 sulla responsabilità delle società per reati presupposti ascritti a propri manager.
L'inchiesta, che si trova in fase di udienza preliminare a Bergamo ruota intorno a molti ex manager. Secondo quanto sostenuto dagli inquirenti, all'interno dell'istituto sarebbe stata creata una «cabina di regia» che decideva le nomine della banca e delle sue partecipate e che riusciva a influenzare le decisioni dell'assemblea «con atti simulati e fraudolenti». Tale regia sarebbe stata frutto di una intesa tenuta nascosta a Banca d'Italia e Consob tra le due anime della banca, ovvero quella bresciana, legata a Banca Lombarda, e quella bergamasca, che faceva riferimento a Bpu, le due banche che fondendosi hanno dato vita a Ubi Banca. A regolare l'intesa tra Bergamo e Brescia ci sarebbero stati Emilio Zanetti e Giovanni Bazoli, entrambi tra gli indagati per cui la procura ha chiesto il rinvio a giudizio. L'ex ministro della Giustizia, che difende Ubi, ha sottolineato che l'istituto si era dotato di efficaci modelli organizzativi atti a prevenire la commissione dei reati contestati. Ma all'udienza di ieri hanno tenuto banco soprattutto le dichiarazioni spontanee dell'ex presidente del consiglio di gestione di Banca Lombarda (e tuttora presidente emerito di Intesa Sanpaolo), Bazoli, che ha rivendicato la sua correttezza e il suo agire sempre in favore delle banche e non per interesse personale. E non ha risparmiato critiche alle investigazioni svolte dalla Guardia di Finanza.
Stando a quanto appreso, parlando per oltre un'ora Bazoli ha ricordato di aver lavorato all'operazione che ha portato alla nascita di Ubi per evitare che un istituto italiano finisse in mani straniere, poichè il Santander puntava all'italiana con un'offerta su Banca Lombarda.L'udienza è stata rinviata al prossimo 23 marzo mentre la decisione del gup sulle richieste di rinvio a giudizio presentate dalla procura di Bergamo è attesa per il 6 aprile.
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