A quasi tre anni dalla pensione e dopo aver portato, nel 2017, l'Alleanza Renault-Nissan-Mitsusbishi sul tetto del mondo con 10,6 milioni di vetture vendute, scalzando il gruppo Volkswagen, Carlos Ghosn chiude miseramente dietro le sbarre di un carcere a Tokio la sua carriera di manager dell'auto. Le accuse pesano come macigni: avrebbe utilizzato fondi della società per il proprio tornaconto e, soprattutto, sistematicamente ridotto, nelle comunicazioni ufficiali, l'ammontare dei propri guadagni. Ieri sono scattate le manette mentre Renault finiva ko alla Borsa di Parigi: il titolo ha perso oltre il 12% per poi chiudere a -8,4%. Un epilogo che forse deriva da un delirio di onnipotenza che ha visto Ghosn, nella veste di vicepresidente esecutivo di Renault, salvare nel '99 prima Nissan dal tracollo (memorabile l'inchino dell'allora vertice giapponese al termine del suo discorso che imponeva grossi sacrifici); quindi fare dell'Alleanza Renault-Nissan (Renault ha il 43% del capitale di Nissan che, a sua volta, possiede il 15% del gruppo di Parigi) un esempio di efficienza; per poi puntare l'attenzione su un'altra azienda giapponese in difficoltà, Mitsubishi, acquisendone il 34% per 2,2 miliardi tramite Nissan.
Il 64enne manager brasiliano-libanese, ma francese di adozione, fino a ora non aveva sbagliato un colpo: dall'operazione Nissan a quella con Mitsubishi, quindi l'intuizione che l'elettrico sarebbe diventato il tema centrale della nuova mobilità green, e poi l'accordo industriale con Daimler. Ghosn figura tra i manager più pagati: 8,5 milioni di dollari cash e in azioni per la presidenza di Nissan (nel 2017 si era dimesso dal ruolo di ad) e 8,4 milioni come numero uno di Renault. Nel 2016 lo Stato francese, che ha il 15% di Renault, si era opposto, ad altri aumenti.
L'ex ad di Fca, Sergio Marchionne, non aveva un feeling con lui, e non lo ha mai nascosto. Amava anche prenderlo in giro: «Quando vedo Carlos, gli dico sempre di non tingersi i capelli di quel colore». Del resto, erano due pezzi da 90, in piena competizione e con punti in comune, come il pendolarismo: l'uno Torino-Detroit, l'altro Parigi-Tokio. E se Marchionne aveva tirato fuori dalle secche Chrysler, Ghosn lo aveva fatto tempo prima per Nissan, con la differenza che la società Usa si è fusa con Fiat, formando Fca, mentre i giapponesi hanno voluto mantenere una propria autonomia. E con Nissan, a livello di conti, a far sempre pesare il suo ruolo di player globale, nei confronti di una Renault più europea.
Duro e temuto (suo il soprannome «Cost Killer»), insieme a Ghosn a precipitare nell'inferno è il direttore Greg Kelly. Da mesi a Tokio erano in corso indagini dopo le rivelazioni di una «talpa». Ieri l'ad di Nissan, Hiroto Saikawa, ha ammesso l'errore di aver concentrato eccessivo potere in una persona.
«La partnership a tre - ha rassicurato - non sarà influenzata da questo evento, piuttosto cercheremo di contenere ogni possibile confusione». Preoccupazione all'Eliseo: «La Francia sarà estremamente vigile sul destino di Renault e dell'alleanza con Nissan», ha detto Emmanuel Macron. Giovedì il cda di Nissan si riunirà per licenziare il suo presidente.
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