Ad animare il Mondial de l'Auto di Parigi, piuttosto sottotono per le tante rinunce, ci pensa il Parlamento Ue. È stato votato il taglio delle emissioni per le nuove auto: dall'iniziale 15% al 20% entro il 2025 e dal 30% al 40% nel 2030. Gli ecologisti si erano espressi per una stangata maggiore: una riduzione fino al 50%. Il provvedimento, votato ieri (389 sì e 239 no) sarà discusso, il 10 ottobre, con il Consiglio Ue, per poi passare nuovamente al voto prima del varo. Per il mondo dell'auto è senza dubbio una tegola pesante che non tiene conto degli investimenti che hanno portato alla realizzazione di motori sempre più efficienti e dalle emissioni drasticamente abbattute.
Oltre a votare una normativa che rischia di creare seri problemi occupazionali nel comparto, costretto a una corsa contro il tempo, la maggioranza degli eurodeputati - riprendendo il modello Cina - si pone come obiettivo anche il raggiungimento di una quota di veicoli elettrici e a basse emissioni pari al 35% del mercato (furgoni inclusi) entro il 2030 e al 20% nel 2025. «Il trasporto - recita il testo approvato - è l'unico tra i principali settori economici nell'Ue in cui le emissioni di gas serra sono ancora in aumento». Nessuno, però, aggiunge che tra le cause c'è anche il calo della domanda di motorizzazioni diesel, importanti per la lotta alla CO2, sempre più demonizzate.
A Bruxelles replica subito l'Acea, che rappresenta gli interessi dei produttori in Europa: «Siamo particolarmente preoccupati - afferma il segretario Erica Jannaert - per i target di riduzione delle emissioni di CO2 estremamente aggressivi e per l'imposizione di quote di vendite per i veicoli elettrici sostenuta dai parlamentari Ue: a questo voto può conseguire un impatto molto negativo sui posti di lavoro nella catena di produzione e forzerebbe l'industria a una trasformazione sostanziale in tempi record». Segue una precisazione: «Non ci sono garanzie - ricorda l'Acea - che l'industria automobilistica sia già nel corso della transizione ai veicoli elettrici; inoltre, l'infrastruttura di carica delle batterie è severamente deficitaria e gli incentivi ai consumatori per l'acquisto di veicoli elettrici, che sono più cari, non sono armonizzati a livello Ue. Si può solo sperare che i governi riportino un po' di realismo quando, la prossima settimana, adotteranno la loro posizione comune sugli obiettivi futuri di CO2».
Dall'Italia interviene Aurelio Nervo, presidente di Anfia, il quale ricorda i numeri del settore: 5.700 imprese, più di 253mila lavoratori, di cui 66mila producono veicoli a combustione interna e motori relativi, e altri 14mila impegnati nei sistemi d scarico. «Il governo italiano - sottolinea Nervo - deve ora esprimere una posizione di equilibrio tra l'esigenza di decarbonizzazione e la sostenibilità della filiera industriale».
Tra le reazioni politiche, quella dell'eurodeputato Oscar Danilo Lancini: «È giusto puntare a un piano ambizioso per una riduzione della CO2 generata dai trasporti, ma tale piano deve avere obiettivi realistici e non produrre un aggravio di costi per le imprese e i cittadini.
I target proposti forzano verso la sola opzione elettrica, ma il mercato e la tecnologia non sono pronti. Nonostante gli incentivi all'acquisto, ora le auto elettriche rappresentano solo l'1,5% delle vendite e, dal 2014 al 2017, la loro quota è aumentata solo dello 0,9%».
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