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Renzi già esulta per Pil e disoccupazione. Squinzi: "Non è merito nostro"

Il premier canta vittoria, ma la disoccupazione è scesa solo dello 0,1% e il Pil sale di appena 0,3 punti. Brunetta: "Pochi trionfalismi, Jobs Act nullo"

Renzi già esulta per Pil e disoccupazione. Squinzi: "Non è merito nostro"

Cala leggermente il tasso di disoccupazione, che raggiunge il minimo dal 2013. Dopo 14 trimestri di crescita e il calo nel primo periodo del 2015, nel secondo trimestre il tasso di disoccupazione si attesta infatti al 12,1% (-0,1 punti su base annua). Quello di luglio è pari al 12,0%, in calo di 0,5 punti percentuali sul mese precedente e di 0,9 punti nei dodici mesi. Il ribasso arriva dopo due aumenti e porta il tasso ai minimi da due anni esatti (era al 12% nel luglio 2013).

Secondo i dati Istat, però, si ampliano i divari territoriali: dal 7,9% nelle regioni settentrionali, al 10,7% nel Centro fino ad arrivare al 20,2% nel Mezzogiorno. Scende però il tasso di disoccupazione dei 15-24enni che a luglio è pari al 40,5%, in calo di 2,5 punti percentuali sul mese precedente e di 2,6 punti su base annua.

L’Istat ha poi visto al rialzo la crescita del Pil nel secondo trimestre, portandola a +0,3% (da +0,2%) rispetto al primo trimestre e a +0,7% su base annua (da +0,5%), l’aumento tendenziale più alto da quattro anni (secondo trimestre 2011).

"Le riforme servono", ha commentato immediatamente su Twitter il presidente del Consiglio, Matteo Renzi, che poi ha registrato e pubblicato un video dai toni trionfalistici su Facebook: "Ciascuno ha le proprie idee politiche ma diamo insieme una mano perchè l’Italia torni a crescere", dice il premier, "Quello che è importante è che l’Italia è ripartita dopo che negli ultimi anni è come se avesse avuto la ruota bucata e una caduta in discesa. Per chi è abituato a cifre e statistiche sono solo numerini ma è di più: è la donna del Sud che trova occupazione, il cinquantenne che ha una chance grazie al Jobs act. Il mese di settembre è un mese di ripartenza e torniamo tutti al lavoro con la giusta carica. Segnali positivi di crescita nel nostro Paese vengono dal turismo, dalla produzione industriale e dall’Expo, che è stato uno straordinario successo e continua a esserlo, e oggi da alcuni dati dell’Istat particolarmente positivi: più 44mila occupati, meno 143 mila disoccupati".

Meno positivo il giudizio del Codacons, che trova sì "molto incoraggiante" la diminuzione del numero di disoccupati in Italia, ma ricorda come l'Italia sia ancora "divisa in due sul fronte del lavoro, con un divario territoriale che si allarga sempre di più". Invita a non esultare anche Forza Italia: "Sembrano buoni dati quelli dell’occupazione ma forse non è così", fa notare Renato Brunetta, "Oggi l’Istat ha pubblicato i dati mensili sul mercato del lavoro e per il governo Renzi sembra una buona giornata dopo mesi di notizie negative. Tuttavia una lettura meno trionfalistica e più attenta dei numeri dovrebbe indurre alla prudenza. Certamente è importante il calo forte dei disoccupati - quasi 150mila in un mese - che porta il tasso di disoccupazione al 12%, ma il governo dovrebbe ricordare che il gap con la Germania rimane significativo, visto che lì il tasso di disoccupazione è sotto il 5%; che continuiamo ad avere oltre 3 milioni di disoccupati; e che nell’arco annuale la riduzione è molto più contenuta, neanche un punto percentuale. Nondimeno il prof. Renzi dovrebbe ricordare che un tale crollo della disoccupazione a luglio potrebbe essere il risultato della minore propensione a cercare lavoro, quel fenomeno chiamato scoraggiamento che tanto caratterizza il mercato del lavoro italiano. E lo dovrebbe ricordare pensando al fatto che gli inattivi aumentano quasi nella stessa dimensione (+100mila), un segnale niente affatto incoraggiante. Sul versante dell’occupazione i progressi sono minimi, solo 44mila occupati in più, e recuperano le perdite degli ultimi mesi. Il che significa che l’effetto Jobs act continua ad essere impercettibile, se non per la trasformazione dell’occupazione".

Smorza i toni anche Giorgio Squinzi: "La crescita del Pil dello 0,3% non basta, anche perchè non è merito nostro ma è dovuto solo al dimezzamento del prezzo del petrolio a rafforzamento del dollaro e al Qe", dice il presidente di Confindustria, "Noi non abbiamo fatto le pulizie interne, bisogna fare le riforme, solo in questo modo possiamo far ripartire il Paese".

"Se tornassero coi piedi per terra e la smettessero con la propaganda il Paese potrebbe cogliere le opportunità che sembrano prospettarsi", attacca poi Susanna Camusso che se la prende sia col governo che con Confindustria, "Serve un impegno forte delle istituzioni una capacità di indirizzo e di stimolo dell’economia che ancora non vediamo. Servono imprenditori che sappiano rischiare, innovare, investire, produrre lavoro e reddito. Serve un piano del lavoro che sappia cogliere le opportunità che si presentano e indirizzare un mercato incapace, da solo, di produrre ricchezza in modo stabile ed equilibrato. Vediamo invece solo molta e brutta propaganda che produce non solo effimere illusioni e false aspettative ma danni rilevanti al Paese e alle future generazioni. Oggi siamo al colmo di un presidente del Consiglio che vanta i risultati già raggiunti e superati da Monti prima e da Letta poi, e di un presidente di Confindustria che si domanda come mai la crescita sia così bassa.

Avevano tutti raccontato tutt’altra storia: il presidente di Confindustria che in cambio della libertà di licenziamento assicurava copiosi investimenti e assunzioni in massa, mentre il presidente del Consiglio assicurava che le sue riforme avrebbero garantito un’imprenditoria dinamica, innovativa, capace di dare lavoro e prospettive di crescita".

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