Economia

Dopo la Cdp, le mani di Renzi anche sulle poltrone Consob

Al bando pubblico hanno risposto in 158. L'ultima parola spetta al premier che vorrebbe la sua consulente De Franceschi. Pure il pm Fusco tra i favoriti

I due nuovi commissari della Consob arriveranno entro settembre. Lo ha promesso Matteo Renzi che a fine giugno era intervenuto - con un decreto legge - per riportare a cinque i commissari all'interno dell'autorità di vigilanza (che il governo Monti aveva ridotto a tre), mettendo un argine al potere del presidente Giuseppe Vegas il cui voto vale doppio in caso di parità.

Un anno fa era stata nominata la docente di diritto commerciale, Anna Genovese. Poi, per riempire le altre due poltrone, il 19 marzo scorso è stato pubblicato sul sito della Presidenza del Consiglio dei ministri un «avviso per la selezione pubblica» dei candidati che hanno dovuto farsi avanti online entro il 16 aprile per l'incarico settennale (non rinnovabile). Le domande sono state ben 158: alla chiamata avrebbero risposto dirigenti interni della Commissione e anche molti magistrati. Tra questi, anche il pm Eugenio Fusco, che per molti anni ha fatto parte del pool milanese reati finanziari, coordinati dal procuratore aggiunto Francesco Greco. Tanto da spingere qualcuno a scommettere che Fusco possa diventare in futuro la testa di ponte per il successivo arrivo di Greco come presidente della Consob al posto di Vegas (il cui mandato scade nel 2017). Chissà.

Forse le proiezioni sono premature anche perché la selezione pubblica avviata a marzo da Palazzo Chigi non è un concorso, è solo un modo per acquisire manifestazioni di interesse. Il governo ha poi totale discrezionalità: la nomina avviene con decreto del presidente della Repubblica «su proposta del presidente del Consiglio». Insomma, alla fine sceglie Renzi. Come era successo per la Genovese il cui «padrino» ricordano fonti romane era l'avvocato fiorentino Umberto Tombari, ordinario di diritto commerciale all'università di Firenze, fondatore dello studio legale dove ha lavorato anche il ministro Maria Elena Boschi, nonché presidente dell'Ente CariFirenze e vicepresidente dell'Acri, l'associazione delle Fondazioni. E la voce che circola nei grossi studi legali della capitale è che «se vuoi diventare commissario Consob, devi avere il placet di Tombari». Oltre, ovviamente, a quello del premier.

Il quale, si dice, avrebbe intanto acceso i riflettori su una delle sue consulenti economiche di punta: la trentassettenne friulana Carlotta De Franceschi. Laurea con lode in Economia aziendale alla Bocconi seguita da un Mba ad Harvard, ha trascorso undici anni nelle banche di investimento (Goldman Sachs, Morgan Stanley e Credit Suisse dove seguiva la finanza pubblica italiana), fra New York, Boston e Londra. Appassionata di start up e innovazione, dal 2012 è anche presidente e co-fondatrice di Action Institute, think tank apolitico e apartitico che si prefigge di proporre soluzioni pratiche per migliorare la competitività del Sistema Italia. Sul sito governo.it si legge che la De Franceschi è una componente del nucleo tecnico per il coordinamento della politica economica - squadra degli economisti guidati da Yoram Gutgeld a Palazzo Chigi - chiamata con decreto del presidente del Consiglio il 1 settembre 2014. Compenso: 150mila euro lordi. Il suo incarico scadrà ad agosto. Giusto in tempo per procedere con la nomina in Consob a settembre. Ma sul nome della De Franceschi ci sarebbe già qualcuno pronto ad avanzare perplessità ricordando la sua presenza a fine gennaio (ovvero nei giorni dell'approvazione del decreto sulla riforma delle Popolari da parte del Consiglio dei ministri) a un paio di convegni a porte chiuse fra investitori della City organizzati a Londra.

Ciò potrebbe creare qualche imbarazzo dentro e fuori la Consob il cui faro si era acceso sui movimenti anomali dei titoli delle Popolari avvenuti proprio in quei giorni, con rialzi a due cifre di tutte le banche coinvolte.

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