La spesa pubblica italiana sarebbe più virtuosa dei principali partner europei se non scontasse il peso degli interessi sul debito e la spesa per le pensioni. Per questo, secondo la Cgia di Mestre, il governo dovrebbe valutare un intervento sugli assegni più alti "che non corrispondono ai contributi versati" per recuperare risorse che permettano di sterilizzare del tutto 15 miliardi di clausole di salvaguardia su Iva e accise.
"Con una spesa pubblica tutto sommato abbastanza contenuta e difficile da comprimere ulteriormente - dice - riteniamo non ci siano molti margini per ridurla di quasi un punto di Pil. A nostro avviso - dice il coordinatore dell’Ufficio studi della Cgia Paolo Zabeo - se non si interverrà anche sulle pensioni, tassando quelle più elevate, corriamo il pericolo di ritrovarci con un aumento parziale dell’Iva che penalizzerebbe ancor più i consumi delle famiglie che, nonostante la ripresa, faticano a decollare". "Al netto della uscite per le pensioni e gli interessi sul debito pubblico, che ammontano al 21,5 per cento del Pil, la nostra spesa è tra le più basse d’Europa. Stornando queste due voci - osserva la Cgia - le nostre uscite sul Pil si attestano al 29,7 per cento, in Germania al 31,4 per cento, in Francia al 39,9 per cento. La media dell’eurozona è al 33,9 per cento. Tra i big solo la Spagna spende meno di noi: 29,3 per cento sul Pil. Sebbene ci siano ancora sprechi, sperperi e inefficienze da eliminare - aggiunge Zabeo - la nostra spesa pubblica è mediamente più contenuta degli altri.
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