A Pechino non piacciono le auto che stazionano tristemente nei piazzali delle concessionarie. Quelle che per anni erano state il motore della crescita tumultuosa del Dragone, sono ora lo specchio di un Paese che viaggia con il freno a mano tirato e l'effetto collaterale più visibile della guerra a colpi di dazi combattuta con l'America di Trump. Serve, quindi, uno stimolo per far ripartire un mercato su cui, tra l'altro, le major internazionali delle quattroruote hanno fortemente puntato prima di fare i conti, sotto forma di un calo delle vendite, con la perdita di potere d'acquisto dei cinesi. Così il governo, stando alle indiscrezioni riportate ieri da Bloomberg, punta a dimezzare - dal 10 al 5% - la tassa attualmente in vigore sull'acquisto di automobili non superiore ai 1.600 cc. Una mossa che alleggerirebbe ulteriormente il carico fiscale sul settore, già attenuato nel maggio scorso. Sarà, invece, mantenuta la mano pesante sui modelli importati dagli Stati Uniti, su cui grava un sovrapprezzo del 40%.
Seppur non confermato, il rumor ha messo le ali ai titoli automobilistici (l'indice Stoxx 600 Automobiles&Parts ha sfiorato un rialzo del 3% e Fca ha guadagnato l'1,8%) e in particolare a quelli tedeschi, per nulla turbati dal pas d'adieu annunciato da Angela Merkel, decisa a lasciare in dicembre la guida della Cdu e la politica nel 2021. E un motivo c'è.
Il mercato dell'ex Celeste Impero è cruciale per i ricavi dei produttori tedeschi. Volkswagen, per esempio, aveva venduto lo scorso anno poco meno del 40% dei suoi veicoli in Cina, e previsto per quest'anno un incremento del 4%. Poi, complice lo scoppio della guerra commerciale, le cose non sono andate come previsto.
Al punto che Wolfsburg è stata di recente costretta a ammettere che i risultati potrebbero essere inferiori a quelli del 2017. La dura legge del dazio vale però per tutti: GM ha accusato un calo del 15% nelle consegne in Cina nel terzo trimestre, Honda ha ammesso che i ricavi sono più deboli, mentre Ford e Renault hanno tagliato gli outlook. Il timore delle autorità cinesi è che qualche impianto possa venire chiuso per far fronte al peggioramento della situazione.
Un grido di dolore collettivo che riassume il primo declino in oltre 20 anni che sta affrontando il mercato automobilistico più grande del mondo.
Gli acquisti sono infatti crollati del 13% a 1,9 milioni di unità in settembre, secondo l'associazione di categoria, e nei primi nove mesi di quest'anno le consegne sono diminuite dell'1,1%. Per un Paese abituato a ragionare solo con il segno + davanti, è una spia rossa accesa sul quadro di comando.
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