Cipro nel caos, ma le Borse corrono

di Marcello Zacché

Nel giro di un mesetto i risultati elettorali del Paese più pericoloso d'Europa hanno emesso il peggior verdetto possibile; le trattative hanno confermato l'inesistenza di una maggioranza di governo per l'Italia; i dati sull' andamento economico in Eurolandia hanno confermato che il 2013 sarà di recessione; in Italia il Pil che si credeva negativo dello 0,7%, si è avviato verso quota -2%; uno Stato membro della Ue e dell'Euro, Cipro, ha deciso di prelevare il 10% dai depositi dei suoi abitanti; e ha poi chiuso le banche per almeno una settimana.
Si potrebbe andare avanti, ma fermiamoci qui: quanto credete che abbia perso il mercato azionario milanese, uno dei più fragili tra quelli occidentali, in questo periodo? Ebbene, poco: dai 17.900 punti di fine gennaio, il massimo relativo, l'indice FtseMib ha chiuso ieri a quota 16mila. Fa -10,6%. Certo, non è proprio zero. Ma se si allarga appena un po' lo zoom e si guarda l'andamento dei mercati da inizio dicembre, cioè poco prima delle dimissioni del governo Monti, si scopre che Piazza Affari è rimasta addirittura immobile: 16mila punti valeva allora, 16mila punti valeva ieri. Idem per lo spread, tornato a muoversi tra 300 e 350 punti di differenziale tra Btp e Bund esattamente come a dicembre. Peggiorando di poco la situazione di inizio anno, quando l'oscillazione era appena più in basso, nella fascia 250-300.
In altri termini la realtà, che si raccoglie nelle sale operative, nella banche, tra i gestori, è che il mercato azionario più di tanto non va e non andrà giù. E quando accadono fatti eclatanti come il voto politico piuttosto che il caos cipriota, l'inevitabile scossone è più visto come occasione per entrare che finestra dalla quale fuggire. La convinzione di fondo è che di qui alla fine dell'anno, o di qui a 12 mesi, i prezzi saranno sensibilmente più alti.
Perché? Due i motivi: il primo è che l'instabilità politica italiana è ormai considerata dagli investitori esteri come un dato acquisito e scontato. Il secondo riguarda Mario Draghi: il programma Omt (gli interventi della Bce sui titoli degli Stati sotto attacco) ha stabilizzato definitivamente lo spread, riducendone i margini di oscillazione entro limiti di guardia.


Per questo basterebbe e basterà poco perché il trend al rialzo già iniziato a fine 2012 riprenda il suo corso, nella convinzione che non ci siano più né ingovernabilità né crisi europee in grado di ostacolare nel medio e lungo periodo la ripresa di un mercato azionario mediamente sottovalutato del 20% rispetto agli altri europei.

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