Conti sospetti al Credit Suisse La Gdf indaga su 10mila italiani

Gli sviluppi dell'inchiesta aperta dai pm di Milano su 14 miliardi di capitali nostrani «volati» alle Bermuda

Ci sono quasi diecimila ricchi clienti del Credit Suisse che presto non avranno più segreti per la Guardia di Finanza. Le Fiamme Gialle hanno infatti chiesto alle autorità fiscali svizzere informazioni per capire gli effettivi beneficiari italiani, tuttora non compiutamente identificati, di 9.953 posizioni finanziarie per un ammontare complessivo di 6,676 miliardi.

La mossa è l'ultimo sviluppo dell'inchiesta aperta dalla procura di Milano su Credit Suisse che, nell'ottobre 2016, ha patteggiato con la Procura decidendo di pagare 109 milioni di euro e chiudere l'inchiesta penale e il contenzioso fiscale per la vicenda della presunta maxi-frode realizzata attraverso false polizze assicurative. Nella vicenda era coinvolta la casa madre svizzera mentre risultano estranei ai fatti la controllata Credit Suisse Italy Spa e le altre società italiane del gruppo.

Ma italiani sono i clienti che avevano sottoscritto le cosiddette «polizze mantello», suggerite per esportare valuta in paradisi sicuri come le Bermuda evadendo il fisco sugli interessi maturati. Si trattava di polizze Vita unit linked del Credit Suisse Life & Pension Aktiengesellschaft (Cslp) che venivano vendute attraverso due società domiciliate in Liechtenstein e alle Bermuda. Le due società poi retrocedevano tutte le somme al Credit Suisse ed era la banca svizzera a occuparsi della gestione totale dei fondi.

A insospettire erano state alcune anomalie nei contratti: i clienti potevano interrompere la polizza senza pagare commissioni o con commissioni circa quattro volte più basse della media del mercato. I fondi investiti nelle polizze vita, inoltre, rimanevano nella disponibilità dei clienti della banca. Non erano inoltre previste riserve in caso di morte e ai sottoscrittori venivano concessi anche degli anticipi su pegni.

Nel mirino sono così finite circa 14mila persone che avrebbero trasferito su conti esteri circa 14 miliardi. L'indagine, iniziata a dicembre 2014 e svolta in collaborazione con l'Agenzia delle Entrate, ha consentito di identificare finora i titolari di 3.297 posizioni. La maggior parte è stata destinataria di contestazioni degli uffici finanziari che si sono concluse con la riscossione, anche per effetto dell'adesione alla prima procedura di «voluntary disclosure» (la procedura per sanare la posizione fiscale di quanti detengono attività finanziarie all'estero), di circa 173 milioni. Gli altri, che non hanno mai chiesto sanatorie, ora rischiano sanzioni pesanti perché rimanere nell'ombra è diventato più difficile dopo i nuovi canali di cooperazione internazionale aperti tra Roma e Berna. Dal 2 marzo scorso, infatti, è entrato in vigore il nuovo accordo per lo scambio di informazioni in campo fiscale che riguarda anche i cosiddetti «contribuenti recalcitranti» che non hanno fornito il nome del proprio istituto in Svizzera.

Credit Suisse

ieri ha sottolineato in una nota ufficiale che dopo il patteggiamento ratificato nel dicembre 2016 con le autorità italiane considera chiusa l'indagine a suo carico. Di certo ad aprirsi saranno i forzieri di 9.953 clienti.

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