Economia

"Controllati da 161 banche dati": così il Fisco ci spia

Si tratta di strumenti che servono anche a elaborare analisi economiche e statistiche molto complesse, stimando gli effetti delle politiche fiscali in corso in uno scenario caratterizzato da fenomeni sempre più interconnessi

"Controllati da 161 banche dati": così il Fisco ci spia

Uno dei principali problemi mai risolti in Italia è l’evasione fiscale, nonostante i contribuenti italiani siano controllati da ben 161 banche dati. Quotidianamente, l'amministrazione finanziaria riceve e cataloga miliardi di numeri di ogni genere che, però, solo in piccola parte riesce a "utilizzare", in particolar modo, per contrastare con successo le irregolarità. A segnalarlo è la Cgia di Mestre. “In linea puramente teorica e con una forte vena provocatoria è come se il nostro Fisco avesse 161 schede su ognuno di noi dove sono fedelmente riportati la nostra capacità reddituale, i consumi e il livello di ricchezza. In altre parole, siamo sicuri di una cosa: al Fisco le informazioni sui contribuenti non mancano”, rileva l'ufficio studi dell'associazione degli artigiani ricordando che la nostra macchina tributaria dispone di un Sistema informativo della fiscalità (Sif) di primordine, una macchina che ci spia quotidianamente.

“Ebbene, possiamo affermare che viviamo in uno Stato di polizia fiscale? Assolutamente no, ci mancherebbe altro. Ma chi è ‘targato’ soffre di una oppressione fiscale che non ha eguali nel resto d'Europa; mentre chi ‘sguazza’ nell'economia sommersa – sottolinea la Cgiaha pochissime possibilità di essere sanzionato. É vero che a breve queste banche dati dovrebbero cominciare a dialogare fra loro, ovvero a essere interoperabili”. Tuttavia, se ogni anno il popolo degli evasori sottrae al fisco quasi 110 miliardi di euro e i nostri 007 riuscivano a recuperarne, nel periodo pre Covid, tra i 18 e i 20, vuol dire che, potenzialmente, sappiamo vita, morte e miracoli su chi è conosciuto al Fisco, mentre brancoliamo nel buio nei confronti di chi non lo è, con il risultato che l'evasione prospera, penalizzando oltremisura chi le tasse le paga fino all'ultimo centesimo.

Queste banche dati, però, non hanno come unico obiettivo quello di consentire all'amministrazione finanziaria di contrastare con maggiore incisività l'infedeltà fiscale. Sono strumenti che servono anche a elaborare analisi economiche e statistiche molto complesse, stimando gli effetti delle politiche fiscali in corso in uno scenario caratterizzato da fenomeni sempre più interconnessi. Tuttavia, argomenta la Cgia, se l'evasione fiscale è uno dei principali problemi del Paese, è evidente che questi strumenti dovrebbero costituire il cassetto degli attrezzi indispensabile per costruire un Fisco più giusto e più equo. Giochi, scommesse a distanza, scommesse sportive, lotterie, monopoli, tabacchi, antifrode, antiriciclaggio, agevolazioni, rimborsi, liquidazioni, dichiarazioni dei redditi, dichiarazioni Iva e Irap, fatturazione elettronica, corrispettivi Iva, catasto urbano, aste immobiliari, mercato immobiliare, veicoli, registro e successioni, tributi locali, accise, coordinate bancarie o postali sono solo alcune delle 161 banche dati fiscali coordinate dal Dipartimento delle finanze.

Appare evidente, come evidenzia la Cgia, che l'occhio lungo del Fisco non ha confini e con la relativa banca dati è in grado di catalogare e recuperare nel dettaglio qualsiasi transazione economica. Nulla scappa al radar del nostro sistema tributario. “Tutto è tracciato – afferma l’istituto di Mestre – a meno che l'operazione non avvenga al di fuori dei circuiti legali. Allora, non c'è banca dati che tenga: l'evasore ha ottime possibilità di rimanere impunito. Se la presenza di un gran numero di dati integrati fra loro è una condizione necessaria, ma non sufficiente, per porre il fisco veramente al servizio del cittadino-contribuente, è altrettanto indispensabile attivarsi almeno su due altri fronti: ridurre il carico fiscale, magari azzerandolo per l'anno in corso a tutte le piccolissime attività; semplificare il sistema fiscale, in particolar modo per le nostre Pmi”.

In occasione della prossima riforma fiscale, l'Ufficio studi della Cgia auspica, ad esempio, che si proceda eliminando l'attuale sistema degli acconti e dei saldi, consentendo alle aziende di pagare le tasse solo su quanto hanno effettivamente incassato. Un'operazione trasparenza che consentirebbe di passare da un sistema di prelievo sugli incassi presunti a uno sugli incassi effettivi, eliminando non solo il sistema del saldo e acconto, ma pure la formazione di crediti fiscali e la conseguente attesa, da parte delle aziende, dei rimborsi fiscali che spesso arrivano con ritardi ingiustificabili. In Italia il principio di base è che l'artigiano o il piccolo commerciante non paga le tasse solo su ciò che ha dichiarato l'anno precedente, ma anche su quanto guadagna nell'anno corrente, come "acconto" per il pagamento delle tasse che andranno versate nell'anno seguente.

In altre parole, va a credito (o a debito) con il Fisco per l'annualità che deve ancora venire. In linea di massima, questo sistema prevede che il versamento delle imposte all'erario avvenga in due tranche: la prima tra fine giugno e inizio luglio, la seconda entro la fine del mese di novembre. L'ammontare degli acconti è pari al 100 per cento dell'imposta dovuta per l'anno precedente e viene solitamente versato in due rate a giugno e a novembre.

“Questo meccanismo – denuncia ancora la Cgia – genera una situazione di scarsa trasparenza e sovente crea problemi finanziari, perché è difficile per l'imprenditore prevedere quanto dovrà pagare”.

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