Si fa presto a dire quantitative easing . Sono mesi che se ne parla come della medicina necessaria a curare i mali di Eurolandia, ma come verrebbe messo in pratica? Limitandosi al solo acquisto di titoli di Stato (in realtà Mario Draghi ha escluso dal piano solo i titoli immobiliari), sono diverse le ipotesi sui meccanismi che potrebbero essere adottati. Tra queste, la meno probabile sarebbe quella che circoscrive lo shopping ai soli titoli provvisti della tripla A dell'eccellenza. Un'opzione che ridurrebbe di molto la portata dell'intervento di stimolo e che contrasterebbe con l'obiettivo dichiarato dal presidente dell'Eurotower di espandere il bilancio dell'istituto di 1.000 miliardi di euro.
Più verosimile potrebbe essere spalmare gli acquisti sulla base delle quote di capitale della Bce possedute dai singoli Paesi membri. In questo caso, la Germania farebbe la parte del leone (la Bundesbank detiene il 18%), seguita da Francia (14%)e Italia (12%) e si eviterebbe così l'accusa secondo cui lo scopo di Draghi è quello di voler aiutare esclusivamente le economie periferiche in difficoltà. Dell'eventuale miglioramento della domanda interna tedesca derivante dagli aiuti potrebbero inoltre beneficiare quei Paesi - come l'Italia - che hanno proprio la Germania tra i partner commerciali principali. Draghi potrebbe però scegliere di interpretare in modo più elastico questa prima opzione, riservandosi il potere di decidere se impiegare tutta o solo una parte della percentuale riservata a ogni Stato. Per esempio, il 18% di Berlino potrebbe essere utilizzato per il 40-50%, dirottando la parte residua altrove.
Un'altra possibilità è quella di legare gli acquisti previsti dal Qe al Pil dei Paesi dell'Eurozona. Anche in questo caso, a beneficiarne sarebbe soprattutto Berlino, il cui prodotto lordo è pari al 29% di quello di Eurolandia e 12 punti sopra all'Italia. Improbabile, quindi, che Draghi scelga di procedere su questa strada dopo aver duellato per mesi con il capo della Buba, Jens Weidmann, sull'opportunità di mettere in piedi misure di stimolo sulla falsariga di quelle adottate soprattutto dalla Fed negli Stati Uniti.
Infine, una possibilità ancora più estrema prevede che, in cambio degli aiuti, i Paesi deboli offrano alla Bce garanzie sotto forma di fondi che le singole banche centrali nazionali dovrebbero creare per contrastare le perdite
eventuali che l'istituto centrale di Francoforte potrebbe subire sui bond acquistati. Se le perdite fossero di ammontare superiore alla capienza dei fondi, i contribuenti sarebbero chiamati a ripianare la parte rimasta scoperta.
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