Dazi auto, mina da 5 miliardi in Italia

Questo il saldo attivo nello scambio del settore con gli Usa. Occhi sulle mosse di Fca

Dazi auto, mina da 5 miliardi in Italia

Daimler-Mercedes ha subito lanciato un profit warning sul 2018, preoccupata che i dazi Usa possano frenare l'export dei veicoli prodotti in Alabama (i Suv, la Classe C e, in futuro, anche le auto elettriche) verso la Cina. Per Volvo, invece, la notizia dei dazi di Donald Trump sui veicoli esportati verso gli Stati Uniti, è arrivata nel pieno dei festeggiamenti per l'apertura, nella Carolina del Sud, della prima fabbrica in Nord America. Un progetto costato 1,1 miliardi dollari e che darà lavoro fino a 4mila persone, oltre a creare un forte indotto. Il numero uno, Häkan Samuelsson, non ha nascosto le sue preoccupazioni: «Con barriere commerciali e restrizioni varie si rischia di non creare tanti posti di lavoro come era nelle previsioni. Vogliamo esportare, e se d'improvviso arrivano dazi più elevati su Cina (Volvo è di proprietà del colosso Geely, ndr) ed Europa, i costi si innalzerebbero e la situazione si complicherebbe. Certe strategie sono contro ogni logica delle moderne economie».

Sul tema dazi, Sergio Marchionne, ad di Fca, potrebbe tornare nei prossimi giorni, a margine della cerimonia di consegna di una Jeep Wrangler all'Arma dei Carabinieri. Finora, il top manager del Lingotto non ha palesato particolari timori. A Balocco, alla presentazione del piano industriale 2018-2022, Marchionne ha sottolineato di non credere in un impatto dei dazi sul gruppo. «L'import negli Usa dall'Europa - ha precisato - incide marginalmente sui conti di Fca». E il 26 giugno, a Roma, Marchionne non dovrebbe modificare questo atteggiamento.

Dall'Italia vengono imbarcati per gli Usa i modelli Jeep Renegade e Fiat 500X (Melfi), oltre alle Alfa Romeo Giulia e Stelvio (Cassino) e alla gamma Maserati (Mirafiori, Grugliasco e Modena). Diverso il discorso per Ferrari, in capo a Exor, e di cui Marchionne è presidente e ad. In marzo, al Salone di Ginevra, Marchionne aveva quantificato in 200 milioni l'impatto delle tasse commerciali di Trump sul bilancio del Cavallino rampante.

I dazi minacciati dalla Casa Bianca terrorizzano invece i costruttori tedeschi (una mina che potrebbe significare costi fino a 20 miliardi) i quali vedrebbero di buon occhio la proposta di un'abolizione reciproca di questa gabella sull'auto (nell'Ue è pari al 10%). L'Acea, che rappresenta le Case automobilistiche europee, in una recente nota ha ribadito come i costruttori associati non solo importano veicoli negli Usa, ma vantano un'importante impronta manifatturiera, fornendo ingenti impieghi locali e generando entrate fiscali. «In effetti - spiega il segretario generale Erik Jonnaert - alcuni nostri produttori hanno i loro impianti più grandi non all'interno dell'Ue, ma negli Usa. Siamo convinti che le importazioni di veicoli dal nostro Continente non costituiscano un rischio per la sicurezza nazionale degli Stati Uniti».

Il commercio di auto tra Ue e Usa vale circa il 10% del business complessivo tra le due regioni. L'America rappresenta la prima destinazione delle esportazioni di vetture dell'Ue sia in termini di unità (20,4% nel 2017) sia di valore (quota del 29,3%).

Al di là di Fca, in Italia esiste una miriade di aziende che lavorano per il settore automotive, tutte rappresentate da Anfia.

«Il saldo attivo con gli Usa - precisa il direttore Gianmarco Giorda - risulta di 4,7 miliardi, tra veicoli e componenti. Prima di esprimere eventuali preoccupazioni, attendiamo le decisioni che il presidente Trump prenderà i primi di luglio».

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