Mario Draghi difende l'euro che non ha colpa delle "debolezza dell'Eurozona". A nulla servono nemmeno i nazionalismi che si fanno più pressanti in diverse zone d'Europa dice: "Non si ha né crescita, né equità attraverso la creazione infinita di debito. Allo stesso tempo va tenuto in mente che questo non è momento di tornare al nazionalismo. Se non sono state fatte le riforme strutturali, queste si devono fare che si sia dentro o fuori dall’euro".
Entro aprile - cioè entro la fine della legislatura del Parlamento Ue - in Europa ci sarà l'unione bancaria. come assicura lo stesso Draghi, secondo cui "la supervisione unica Bce è il cambiamento più significativo in Europa sin dalla nascita dell’euro". Il presidente della Banca centrale europea però avverte: "Non è una panacea. Per eliminare la frammentazione finanziaria è necessaria, ma non sufficiente a rompere il legame tra debiti sovrani e banche ma le condizioni di prestito ugualitarie si ristabiliscono solo se proseguono anche riforme e consolidamento".
Mario Draghi sottolinea inoltre come "le misure prese" dalla Bce ed in particolare le decisioni sui tassi di interesse "hanno affrontato le distorsioni", "alleviato pressione sui finanziamenti delle aziende non finanziarie" e "aiutato le piccole e medie imprese". Per questo "i tassi, che abbiamo portato al loro livello storicamente più basso, resteranno bassi per un lungo periodo", ha assicurato. Il tasso di riferimento resterà quindi allo 0,25% o a livelli inferiori "finchè sarà necessario", in modo da "sostenere la graduale ripresa dell’area dell’euro", come si legge nel bollettino mensile della Banca centrale europea.
Nei prossimi mesi, inoltre, l’inflazione si dovrebbe attestare - secondo le stime della Bce - "in prossimità dei livelli attuali, con pressioni contenute sui prezzi nel medio periodo". Per Draghi comunque l'Europa non è in pericolo deflazione, perché l’inflazione è sotto il 2% "da un lungo periodo di tempo" e continuerà a lungo.
Restano rischi per l'Italia, dove il rapporto deficit/Pil è atteso al 3% nel 2013 (contro l’obiettivo del 2,9%) e al 2,5% nel 2014 (contro l’1,8% del programma di stabilità). E questo a causa "principalmente di un peggioramento delle condizioni economiche" e di un risanamento strutturale "inferiore allo sforzo richiesto".
Del resto, secondo i dati Istat, in Italia a novembre l'inflazione, su base annua, frena ancora allo 0,7%. È il livello più basso di crescita dei prezzi al consumo dal 2009. Su base mensile emerge invece il terzo calo consecutivo dello 0,3%. Un rallentamento imputabile a tutte le tipologie di beni e servizi ed è particolarmente intensa per i beni energetici e gli alimentari freschi. Rispetto a novembre 2012, il tasso di crescita dei prezzi dei beni sale allo 0,2%, dallo 0,1% di ottobre, e quello dei prezzi dei servizi scende all'1,2% (era +1,4% nel mese precedente). L'inflazione acquisita per il 2013 (ovvero la crescita dei prezzi che si avrebbe ipotizzando il mantenimento dello stesso livello di novembre) è dell'1,2%.
Il cosiddetto "carrello della spesa" (i prodotti a maggiore frequenza d'acquisto), inoltre, diminuiscono dello 0,1% su base mensile e crescono dello 0,8% su base annua (lo stesso valore registrato a ottobre). Lo rileva l'Istat sottolineando che alla dinamica congiunturale dei prezzi di questi prodotti contribuisce principalmente il calo dei prezzi dei carburanti.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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