Dopo l'abolizione della povertà, arriverà anche la «legge Pernigotti». Va da sé che si tratta di obiettivi molto diversi: assai ambizioso il primo, più dolce il secondo; e pure un po' più criptico. Ma per entrambi c'è un minimo comun denominatore: il copyright Di Maio. Vediamo allora cosa prevede per i guianduiotti.Ieri a Novi Ligure - dopo aver incontrato i lavoratori della Pernigotti in agitazione perché gli azionisti turchi del gruppo vorrebbero chiudere lo stabilimento e andare a produrre altrove - il vicepremier e ministro dello Sviluppo Economico ha annunicato una novità: «Qui si combatte una grande battaglia sul made in Italy. E grazie a questa nascerà una legge che si chiamerà legge Pernigotti che nel futuro obbligherà i marchi italiani a produrre sul territorio nazionale». E per chiarire ha aggiunto: «Se un marchio è italiano da centinaia di anni deve restare sul territorio con i lavoratori che lo hanno fatto grande». Di più, al momento non è dato a capire. Salvo che «è finita l'epoca in cui i governi avallavano operazioni di speculazione finanziaria sul made in Italy. Ora il governo è dalla parte dei lavoratori e soprattutto di un territorio che ha fatto grande un marchio». Tutto chiaro?
Elettoralmente sì, anche troppo. Ma poi? il marchio italiano da «centinaia di anni» come fa a rimanere legato ai «lavoratori che lo hanno fatto grande»? Il marchio non è che uno degli asset del bilancio d'impresa, con un suo valore, non può tanto facilmente seguire leggi ad hoc.
Pensiamo alla moda, per esempio, ai loro grandi marchi: indipendentemente dal fatto che siano di proprietà italiana o meno, i loro prodotti sono assemblati ovunque.
Idem per l'auto: la Fiat 500, per esempio, è prodotta in Polonia; la Tipo in Turchia: come si può pensare di impedirlo per legge? E se avete in mano un iPhone, e lo girate, troverete la scritta «designed in California, assembled in China».Non resta che attendere la «Legge Pernigotti» e leggerla bene per capire meglio come funzionerà. Restando, nel frattempo, un po' scettici sulla sua liberalità.
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