Economia

Il faro della Bce sulla riforma di Intesa

Per la governance serve l'ok di Draghi. Gros-Pietro: «Pronti a fine mese». La partita delle Fondazioni e l'ipotesi Prodi

«Entro fine mese avremo una proposta del nuovo modello di governance» ha dichiarato ieri il presidente del consiglio di gestione di Intesa Sanpaolo, Gian Maria Gros-Pietro. La commissione sul governo societario guidata dal presidente del consiglio di sorveglianza, Giovanni Bazoli, avrebbe individuato la strada da percorrere e il «duale all'italiana» oggi in vigore dovrebbe lasciare il posto al modello «monistico» che non prevede un collegio sindacale ma attribuisce a un comitato interno del cda le funzioni di controllo. Con due grandi vantaggi: è conosciuto dagli investitori internazionali che hanno più del 50% del capitale della banca (fra i soci spiccano Blackrock e la People's Bank of China) e consente una gestione più snella attraverso un unico organo collegiale.

Ma al netto della scelta definitiva, il cantiere sul governo societario sembra avere subìto una forte accelerazione. Rispetto al passato, questa volta non dovrà ricevere soltanto il via libera da Bankitalia, ma soprattutto quello della vigilanza unica europea, insomma della Bce di Draghi, che ha bisogno di 90 giorni di tempo per esaminare le proposte di modifica agli statuti. La tabella di marcia, dunque, è serrata: già oggi è prevista una riunione del cds che la prossima settimana riceverà la proposta della commissione per esprimere il verdetto. Poi, in autunno o entro l'anno, sarà convocata l'assemblea straordinaria per le modifiche statutarie che porteranno, nell'aprile 2016, al nuovo consiglio.

Sullo sfondo il mercato si interroga se e come la transizione - nuova governance più nomina dei vertici, compreso il cambio della storica presidenza Bazoli - verrà gestita dalle Fondazioni azioniste e in particolare dalla Cariplo di Giuseppe Guzzetti. A maggio la Commissione Ue, nelle sue raccomandazioni di politica economica e finanziaria, ha chiesto all'Italia di introdurre entro il 2015 «misure vincolanti per fronteggiare le restanti debolezze nella governance delle banche, in particolare il ruolo delle Fondazioni». Al pressing di Bruxelles Guzzetti aveva risposto ricordando l'accordo - una sorta di autoriforma - siglato con il Tesoro dall'associazione degli enti (l'Acri) da lui presieduta. La storica presa sul sistema del credito deve quindi essere rivista e sul campo di Intesa si gioca forse l'ultima grande partita delle Fondazioni, quella di portare a casa un extra dividendo.

Quanto alla presidenza, nel 2016 potrebbe ascendere lo stesso Gros Pietro. Eppure c'è ancora chi è convinto che il rodato duplex Guzzetti-Bazoli stia spingendo per lasciare in eredità al vertice un loro fedelissimo. Come Massimo Tononi, presidente della Borsa Italiana nonchè sottosegretario al Tesoro nell'ultimo governo Prodi del 2006, oggi dato in pole position per il vertice di Mps ma che potrebbe traslocare a Siena solo temporaneamente giusto fino all'arrivo del tanto atteso «cavaliere bianco». In alternativa, qualcuno osa ipotizzare una manovra ancora più ardita: l'arrivo dello stesso Prodi in veste di banchiere.

Fantafinanza? Chissà.

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