L'Italia si butta alle spalle la grande crisi. Almeno in parte. A dieci anni dal fallimento di Lehman Brothers e a sei dalla crisi del debito sovrano, il fatturato aggregato del campione di aziende annualmente esaminate da Mediobanca è tornato ai livelli del 2008 o quasi (-0,6%) grazie alle esportazioni (cresciute del 25,2%), mentre il mercato interno rimane debole (-10,4%). La strada invece è in salita per quanto riguarda il recupero dei livelli di occupazione (-3,7% rispetto al 2008) e dei margini industriali (-11,6% rispetto al 2008, un dato che sarebbe stato peggiore senza l'apporto della manifattura tricolore e, in particolare, di Fca). Lo evidenzia il rapporto dell'area studi di Mediobanca dedicato ai «Dati cumulativi di 2075 imprese italiane», relativo sia alle aziende industriali, sia a quelle di servizi, e comprensivo di tutte le società con più di 500 dipendenti.
A cambiare nell'ultimo decennio è stata la performance dei diversi settori. Sul lungo termine a vincere sono state le attività nell'ambito della pelletteria (+52,5%), le utility locali dall'acqua, infrastrutture (+33%), mezzi di trasporto (+29% ma che scende a un più modesto +9,9% escludendo Fca), bevande (+20,2%), conserviero (+28%) e la grande distribuzione (+21,8%). Sono invece ancora ben lontane dai livelli del 2008 le aziende attive nell'editoria (-42%), nei prodotti per l'edilizia (-36,5%), nel settore petrolifero (-35,6%), nell'impiantistica (-23,5%) e nelle telecomunicazioni (-22,7%).
In questo scenario l'ufficio studi di Piazzetta Cuccia definisce il 2017 un anno «da non sprecare» soprattutto in vista dei punti interrogativi evidenziatesi negli ultimi mesi: le tensioni nel commercio internazionale e la frenata delle imprese di costruzione che segnala la stagnazione dei grandi progetti. Lo scorso anno ha segnato la svolta: dopo quattro anni di «flessione continuativa», i ricavi aggregati del campione esaminato sono ritornati a crescere del 5,8% rispetto all'esercizio precedente grazie a un rialzo quasi corale dei settori rappresentati (hanno fatto eccezione le tv in calo dell'1,9%, l'editoria -3,3% e le imprese di costruzione -3,5%). A sostenere la ripresa ha concorso anche il minor peso del fisco sceso al 20,8% dal 28,3% del 2013. In questo contesto il 73,3% delle imprese ha raggiunto il livello di «investment grade» con l'alta tecnologia (all'84%) ai vertici. Il 2017 ha portato buone notizie anche sul fronte degli investimenti con un aumento del 6,4% rispetto alla media registrata nel quattro anni precedenti. Nel complesso nel corso dell'ultimo quinquennio gli investimenti sono cresciuti del 27,5% e, parallelamente, la competitività delle imprese ha recuperato il 12,7 per cento.
Sul fronte della proprietà lo studio nota come un terzo dei ricavi aggregati delle aziende oggetto dello studio sia generato da imprese di proprietà straniera (in tutto sono 557).
Queste, nel corso del 2017 hanno investito in Italia 10,9 miliardi contro i 18,5 miliardi delle società a controllo italiano, hanno pagato stipendi più alti del 10% e goduto di una produttività superiore del 12,5 per cento.
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