Generali al test del mercato. Vertici verso un altro mandato

Giovedì il bilancio 2018. Gli equilibri tra Mediobanca, Caltagirone e Del Vecchio non si toccano fino al 2022

Generali al test del mercato. Vertici verso un altro mandato

Al via un periodo caldo per Generali. Giovedì prossimo, 14 marzo, dopo il cda alla vigilia, il Leone alzerà il velo sui conti 2018: il bilancio che chiude il precedente piano industriale e pone le basi sugli obiettivi al 2021 presentati lo scorso novembre (crescita dell'utile per azione del 6-8% l'anno, generazione di 10 miliardi di cassa e riduzione del debito per 1,5-2 miliardi). Dall'investor day il titolo è andato bene: si è mosso in linea con il Ftse Mib ed è salito dell'11,5%.

Ma ora l'attenzione è tutta sul dividendo, considerando che i target di piano sono stati più volte confermati dal management, a iniziare dal Roe, l'indice che misura la redditività dell'investimento, previsto superiore al 13% dopo il 13,4% registrato nei nove mesi. C'è chi arriva a ipotizzare una cedola di un euro (dagli 0,85 euro per azione staccati un anno fa) che, ai prezzi attuali, significherebbe un rendimento del titolo pari al 6,3%, anche se la media del consenso si attesta intorno ai 90 cent (5,7% di rendimento). Nel piano '15-'18 Generali aveva previsto la distribuzione, in quattro anni, di non meno di 5 miliardi di cedole. Quindi al completamento dell'opera mancano 1,3 miliardi circa, pari a 0,85 euro per azione. L'obiettivo complessivo (4,5-5 miliardi di cedole) è stato confermato, ma questa volta in soli tre anni di piano, 2019-2020.

Il rendimento fa gola ai principali azionisti del gruppo: Mediobanca al 13,4% del capitale; Edizione, la finanziaria della famiglia Benetton, che avrebbe messo nel mirino il raggiungimento del 5% del capitale (un anno fa era al 3%) come investimento finanziario; Leonardo del Vecchio salito ormai al 4,87% (a novembre era fermo al 3,59%) e Francesco Gaetano Caltagirone al 5,01% (dal 4,6% di novembre). Ma l'arrocco degli azionisti italiani in Generali non è passato inosservato, nonostante i più, ufficiosamente, attribuiscano il recente shopping proprio al rendimento del titolo. Per questo l'assemblea dei soci del 7 maggio, chiamata al rinnovo dei vertici, diventa un passaggio importante. I soci avranno tempo fino a 25 giorni prima dell'appuntamento per deportare le liste. Eppure, nonostante le manovre degli ultimi mesi abbiano portato Catagirone, Del Vecchio e la famiglia Benetton a pareggiare la quota detenuta in Generali da Piazzetta Cuccia, la sensazione è che ogni eventuale nuovo equilibrio sia rinviato di almeno altri tre anni. Eliminato il limite di età statutario che costituiva un ostacolo alla rielezione alla presidenza di Gabriele Galateri, si va verso la lista unica e la conferma del tandem al vertice con l'ad Philippe Donnet (nella foto). Non manca chi osserva che qualche grande socio abbia alzato il sopracciglio per la disponibilità di Galateri a presentarsi nella lista di Vivendi in vista l'assemblea di Tim del 29 marzo. «Ma il ticket Donnet-Galateri è un'accoppiata che funziona» sostiene una fonte che chiede anonimato. E quindi ogni attrito è stato superato. Lo stesso cda (dove Caltagirone è vicepresidente) a fine febbraio, aveva invitato gli azionisti a sostenere la continuità del consiglio e il suo «attuale assetto». In ogni caso non andrà trascurato il fatto che quasi un terzo del capitale di Generali, considerando anche la quota in mano a De Agostini (1,8%), sia oggi in mani forti italiane.

Un arrocco non casuale visti gli interessi suscitati dal Leone in passato. Generali custodisce, tra l'altro, 58 miliardi di debito pubblico italiano, una leva fondamentale per il Paese. Un tema che resterà a lungo di attualità.

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