L'ex colonia si «ribella» alla madrepatria e tenta di conquistarla. A parlare, però, non saranno le armi ma le sterline perché ieri Hkex, la società che gestisce la Borsa di Hong Kong, ha annunciato di voler presentare un'offerta per il London Stock Exchange (Lse) che, tra l'altro, è la controllante di Borsa Italiana.
Il meccanismo scelto dalla piazza asiatica per muovere su Londra è quello dell'Opvs: Hkex offre ai soci Lse 20,45 sterline per azione più 2,495 titoli del gruppo cinese di nuova emissione per una valutazione complessiva di 31,6 miliardi di sterline (34,7 miliardi di euro) inclusi debito e rettifiche con un premio del 22,5% sulla chiusura di mercoledì scorso. La proposta, sebbene ancora non formalizzata, non è proprio di quelle irrinunciabili e, infatti, le azioni Lse a Londra hanno guadagnato il 6% a quota 72,06 sterline, molto al di sotto delle 83,61 sterline del prezzo di offerta complessivo, valore al quale i titoli target generalmente tendono ad allinearsi.
La «freddezza» degli investitori è spiegabile in base a due ordini di motivi. Il primo è l'implicita richiesta di Hkex di uno stop all'acquisizione di Refinitiv, provider Usa di dati finanziari, da parte del London Stock Exchange che ad agosto aveva presentato un'offerta da 27 miliardi di dollari (24,5 miliardi di euro) per diventare un concorrente di Bloomberg. Considerato che Hkex, anch'essa quotata, capitalizza 36 miliardi di euro circa, il boccone diventerebbe troppo grosso. Il secondo motivo è puramente tattico: l'attacco a Londra potrebbe indurre un altro player a proporsi come «difensore» dell'integrità finanziaria del Vecchio Continente (se non dell'Occidente tutto) rilanciando.
«Non siamo una società cinese, non siamo nemmeno una società di Hong Kong, siamo una società globale», ha dichiarato in conference call Charles Li, ad di Hkex, spiegando agli analisti i termini dell'operazione. Hkex è una public company ma il singolo azionista più forte (con il 6% circa) è il Governo di Hong Kong, ossia la Cina, che esprime 6 consiglieri su 13 nel board della società. Non a caso, durante la presentazione, è stato spiegato che tra gli obiettivi della fusione, oltre alla creazione di un mercato unico operativo 18 ore su 24, c'è anche quello di rendere lo yuan una valuta globale.
Difficile, quindi, non pensare anche alle implicazioni geopolitiche dell'aggregazione. Con la guerra dei dazi in atto e l'ostilità Usa nei confronti di Pechino, per la Cina non c'è altra strada che guardare a un'Europa, ridotta al ruolo di spettatrice perché indebolita da una nuova stagnazione economica. Certo, negli ultimi 20 anni tutti i tentativi di compare la Borsa di Londra sono falliti. Il più rumoroso fu quello di due anni fa quando la fusione con Deutsche Börse sembrava cosa fatta fino all'alt imposto dal commissario Ue alla Concorrenza Vestager. Il colosso, che ne sarebbe nato, sarebbe stato più difficile da attaccare.
Ora tocca a Londra e a Roma pensare alle contromosse.
Il governo italiano starebbe valutando l'utilizzo del golden power per proteggere da Hke un asset strategico come Mts (il 62,5% è di Borsa Italiana), il mercato obbligazionario su cui sono quotati i Btp. I tecnici sono al lavoro per non farsi cogliere impreparati se e quando l'offerta arriverà.
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