RomaCalano i prezzi, ma quella certificata ieri dall'Istat non è una buona notizia. Almeno non del tutto. L'inflazione 2013 è ai minimi dal 2009. Il tasso dei prezzi al consumo nell'anno che si è appena concluso si è attestato all'1,2% (per metà imputabile all'effetto di un trascinamento dell'anno precedente). Nel 2012 era al 3%, una frenata da quasi due punti percentuali. Segno di una tendenza che solo alla fine del 2013 sembra essersi attenuta, visto che in dicembre l'inflazione è rimasta stabile su base annua (allo 0,7%) ed è incrementata dello 0,2% su base mensile, primo segno più dopo tre cali consecutivi.
Il crollo complessivo del 2013 non è una buona notizia perché il dato sui prezzi che ci riporta al 2009, anno della crisi globale, riflette la debolezza dell'economia. Fa sorgere dubbi sulla ripresa che tutti attendono e conferma la gravità del crollo dei consumi interni. La dinamica dei prezzi nel 2013 «riflette principalmente gli effetti della debolezza delle pressioni dal lato dei costi, in particolare degli input energetici, e quelli dell'intensa e prolungata contrazione della spesa per consumi delle famiglie», ha spiegato l'Istat. La frenata ha riguardato quasi tutte le divisioni di spesa. I trasporti hanno registrato una delle frenate più vistose, passando dal 5,4% del quarto trimestre del 2012 allo 0,6% dell'ultimo trimestre 2013. Abitazione, acqua, elettricità sono passati dal +6,5% del quarto trimestre del 2012 a +0,4% dello stesso del 2013. Praticamente fermi Abbigliamento e calzature (+0,8%; era +2,6% nel 2012). Le sole divisioni per le quali si sono riscontrati aumenti sono l'istruzione e la salute. Calo imputabile anche a beni di prima necessità come gli alimentari. Solo nel 2013, segnala la Confederazione italiana agricoltori, per gli alimentari gli italiani hanno speso 2,3 miliardi in meno.
Scenario preoccupante, come emerge dalle cautissime valutazioni che ieri hanno fatto le organizzazioni dei commercianti. Sia Confcommercio, sia Confesercenti hanno parlato di deflazione, cioè di un calo generalizzato dei prezzi. Per la seconda confederazione, «se può essere allarmistico» citarla «non si può essere molto ottimisti, soprattutto sul versante delle vendite di beni la situazione è ancora molto preoccupante».
Confcommercio spiega che il calo dei prezzi potrebbe essere un bene. Sono tre anni che l'indice è in calo, ma i potenziali effetti positivi sono «vanificati dall'assenza di politiche incisive sul versante della riduzione del carico fiscale».
Allarme che hanno condiviso anche sindacati (per lo più concentrati nel chiedere politiche pro crescita) e associazioni consumeriste. Non il governo, che anche ieri ha giocato la carta della crescita imminente e dei sacrifici utili a consolidare le finanze pubbliche.
«Dopo un periodo di consolidamento del debito, ci sono segnali di ripresa in Europa, ancora modesti. Apparentemente sta guadagnando forza e ci sono indicazioni che l'attuale politica monetaria continui per un periodo indefinito», ha detto ieri il ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni. Ma la ripresa, ha riconosciuto, resta «debole, fragile e irregolare». Necessita di politiche nazionali «supportate a livello europeo».
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