Intesa promette più utili e dividendi

Messina: «I profitti cresceranno». Gros-Pietro: «Impegno per una cedola adeguata»

Cinzia Meoni

Più utili, meno rischi, patrimonio ancora più solido e remunerazione «adeguata» per tutti gli azionisti di Intesa Sanpaolo. Lo ha garantito Carlo Messina, al suo terzo mandato come amministratore delegato, nel corso dell'assemblea degli azionisti svoltasi ieri a Torino. «Il nostro impegno è quello di far aumentare ancora una volta l'utile netto anche nel 2019 (rispetto ai 4,05 miliardi del 2018 ndr) ha spiegato il banchiere -. È un impegno che prendiamo come management nei confronti degli azionisti. E, pur in un contesto di mercato molto difficile (lo spread è passato dai 129 punti di marzo 2018 ai 255 attuali e la banca ha una trentina di miliardi in portafoglio in titoli di Stato ndr), riteniamo di poter essere nelle condizioni di garantire questa crescita». Secondo il piano industriale 2018-2021, a fine periodo Intesa avrà utili per 6 miliardi.

Ieri intanto l'assise dei soci ha approvato un monte dividendi di 3,4 miliardi (19,7 centesimi per azione) pari all'85% dell'utile netto 2018 e a cui corrisponde un rendimento dell'8,4 per cento. «La tutela degli azionisti è il nostro impegno inderogabile. Continueremo assicurando la remunerazione adeguata», ha aggiunto Gian Maria Gros Pietro, confermato alla presidenza per il secondo mandato consecutivo. In Piazza Affari il titolo Intesa ha chiuso la seduta a 2,34 euro, in rialzo dello 0,2 per cento.

Messina ha sottolineato come negli ultimi cinque anni, il gruppo abbia pagato oltre 13,4 miliardi di dividendi, abbia più che triplicato l'utile e raddoppiato la capitalizzazione. «Siamo tra i campioni di Borsa in Europa perché la nostra capacità di generare utili è stata unica. Allo stesso tempo abbiamo migliorato il profilo di rischio e rafforzato la base patrimoniale». E per quanto riguarda le cessioni di crediti incagliati, il gruppo «farà meglio rispetto a quanto previsto dal piano industriale (dove il rapporto tra i crediti deteriorati e il totale è atteso sotto al 10% ndr)».

L'assemblea degli azionisti ieri, a cui era presente il 53,31% del capitale, ha poi rinnovato i vertici all'insegna, come da attese, della continuità. In cda siederanno 14 consiglieri espressioni delle Fondazioni (tra cui Compagnia di San Paolo al 6,79% e Cariplo al 4,38%), e 5 di Assogestioni. Il lavoro del tandem Messina-Gros Pietro, oltre che del vicepresidente Paolo Andrea Colombo (al secondo mandato), è stato apprezzato dagli investitori istituzionali posto che la lista unica delle Fondazioni ha raccolto una maggioranza assembleare del 63,1%. Non ha trovato appoggio l'ipotesi ventilata da Giuseppe Guzzetti, ex presidente Cariplo, di dare una veste più internazionale al gruppo anche in cda.

D'altro canto finora la strategia portata avanti prima da Giovanni Bazoli prima e poi da Messina si è dimostrata vincente. Il primo sulle ceneri del crac del Banco Ambrosiano ha costruito il gruppo attuale passando dalla fusione tra Banca Intesa e Sanpaolo Imi. Messina, entrato nel gruppo nel 1995 e voluto al vertice nel 2013 da Bazoli (al posto di Enrico Cucchiani e, prima ancora, di Corrado Passera), si è trovato a traghettare l'istituto nel mezzo di una delle peggiori crisi creditizie della storia (la banca ha chiuso il 2013 in rosso per 4,55 miliardi dopo svalutazioni e accantonamenti) e della rivoluzione del modello di business del settore, scegliendo l'indipendenza attraverso il rafforzamento della Banca dei Territori e puntando sulla banca-assicurazione.

Messina ha nuovamente escluso «di aver allo studio «fusioni in Europa».

Quanto invece alla carica di Bazoli: «Il ruolo di presidente emerito è un ruolo statutario  che aveva una sua scadenza statutaria, non è possibile immaginare che ci sia una continuazione. Penso che verranno trovate delle modalità per un ruolo equivalente», ha detto Messina augurandosi che anche Guzzetti «resti legato al mondo delle Fondazioni».

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