Italo rischia di chiudere per il maxi-rosso Covid. In bilico 1.500 addetti

La società dell'Alta velocità penalizzata dalla legge sui distanziamenti. Il taglio ai treni

Italo rischia di chiudere per il maxi-rosso Covid. In bilico 1.500 addetti

Italo rischia di spegnere i motori. Le regole Covid imposte dal governo sul distanziamento sociale, con il riempimento dei treni ridotto al 50%, stanno mettendo a dura prova la compagnia privata dell'alta velocità (controllata per il 72,6% dal fondo americano Gip) che ha cambiato il mercato italiano sul fronte della concorrenza. Secondo indiscrezioni raccolte da il Giornale, la perdita del gruppo, che nel primo semestre 2020 era di 200 milioni, rischia di toccare il mezzo miliardo per fine anno.

Deadline alla quale la compagnia presieduta da Luca Cordero di Montezemolo e guidata da Gianbattista La Rocca rischia di non arrivare. Se, infatti, il governo non correrà ai ripari mitigando la legge sul distanziamento (come avvenuto già nel trasporto aereo e nel trasporto pubblico locale), a novembre sarà stop totale. E sul mercato italiano si tornerà indietro di 8 anni, quando l'Av era appannaggio esclusivo di Trenitalia (Fs).

«È sorprendente che il distanziamento sociale rimanga sui treni AV in Italia al contrario di tutto il resto del mondo, compresi Francia, Spagna e la stessa Cina. Cosi facendo, si rischia di distruggere un settore, quello dell'alta velocità in Italia, che è un esempio positivo in tutta Europa», ha commentato Andrea Giuricin, esperto di Trasporti.

Per ora Italo tiene duro e ha riprogrammato i primi stop. Non più a metà settembre, ma il primo ottobre e in maniera più consistente: a fermarsi saranno 27 servizi su 87 (erano 111 nel periodo pre Covid).

Un «alleggerimento», quello studiato dai manager del gruppo ferroviario per limitare i danni, che non risparmierà i servizi no stop Roma-Milano, la linea Milano-Venezia, Venezia-Roma-Napoli e Torino-Reggio Calabria.

In gioco, oltre alla tenuta del mercato e al servizio (il numero dei passeggeri movimentati ogni giorno è precipitato dai 60mila di un anno fa a 18mila), ci sono 1.500 posti di lavoro, 5mila considerando anche l'indotto. Una situazione delicata che ha fatto uscire il governo allo scoperto. Ieri il ministro dei Trasporti Paola De Micheli ha infatti aperto a un possibile cambiamento. «Italo e Trenitalia ci hanno mandato tutta una serie di proposte che abbiamo già valutato ripetutamente: alcune le abbiamo integrate e altre ci sembrano buone per garantire, con un riempimento maggiore, la sicurezza ai passeggeri», ha detto aggiungendo che «tutta questa mole di lavoro la stiamo condividendo col ministero della Sanità e, conseguentemente, col comitato tecnico scientifico per vedere se anche sui treni a lunga percorrenza si può aumentare il riempimento».

Uno spiraglio per Italo che ha sull'Italia un piano di sviluppo ambizioso: in questi giorni sarebbero partiti i test che nei prossimi mesi dovrebbero portare ad

estendere la rete su tutta la dorsale Adriatica. Da Ancona fino a Bari, Brindisi e Lecce. Altro nodo da sciogliere al più presto riguarda, poi, le tariffe. Con meno passeggeri, i prezzi non possono infatti essere concorrenziali.

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